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calzini per strada. Inoltre, una percentuale altissima di migranti non richiedenti asilo sparisce insieme ad un numero altissimo di minori non accompagnati, che non si sa che fine facciano. Attualmente le strutture in cui vengono condotti i migranti, quando arrivano in Italia, sono di quattro tipi: la prima accoglienza avviene negli hotspot (strutture che permettono un'identificazione più rapida degli arrivi) e nei centri di prima accoglienza; la seconda comprende il SIPROIMI (Sistema di Protezione per titolari di protezione Internazionale e per Minori stranieri non accompagnati) che, con il decreto Salvini, ha sostituito lo SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) e i CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria). Negli hotspot i migranti ricevono le prime cure mediche, vengono sottoposti a screening sanitario, vengono identificati e foto- segnalati e possono richiedere la protezione internazionale. Dopo una prima valutazione, coloro che fanno domanda di asilo vengono trasferiti in due giorni nei centri di prima accoglienza, dove vengono trattenuti il tempo necessario per individuare il luogo di seconda accoglienza. Il sistema di hotspot e centri di prima accoglienza pare aver sostituito il precedente sistema dei vari CPSA (Centri di Primo Soccorso e Accoglienza), CDA (Centri di Accoglienza) e CARA (Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo).
Gli hotspot italiani sono quattro: Lampedusa, Pozzallo, Messina e Taranto. I centri di prima accoglienza regionali sono dodici, distribuiti in Sicilia, Puglia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Calabria, Emilia Romagna. I pochi che non fanno domanda di asilo vengono condotti nei CPR (Centri di Permanenza e Rimpatrio), ex CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione). I CPR, creati nel 1998 con la legge Turco-Napolitano, inizialmente prevedevano una permanenza di massimo
trenta giorni ma, in seguito all’introduzione del reato di clandestinità introdotto nel 2009, la permanenza è arrivata anche a diversi mesi pur senza presenza di reati. I CPR, che il piano Minniti prevedeva per ogni regione, inizialmente erano a Torino, Roma-Ponte Galeria, Caltanissetta e Brindisi, mentre in seguito sono stati aperti anche a Trapani, Bari, Palazzo San Gervasio (Potenza) e Macomer in Sardegna. Sono centri dove vengono rinchiusi coloro che hanno ricevuto il decreto di espulsione e devono essere rimpatriati.
Prima del Decreto Sicurezza, una volta fuori dagli hotspot e dai centri di prima accoglienza, i richiedenti asilo venivano assegnati alla seconda accoglienza, prendendo parte al programma SPRAR; ora rimangono in un’eterna prima accoglienza, finendo nei CAS. L’ex SPRAR, ora chiamato SIPROIMI, è riservato a coloro a cui è stata accettata la domanda di asilo. Il sistema è coordinato dal Ministero dell’Interno e dall’ANCI, Associazione Nazionale dei Comuni Italiani. Gli enti locali che vi aderiscono possono fare domanda per accedere ai fondi ministeriali in qualsiasi momento. Una volta approvata la domanda dal Ministero, l’ente locale riceve un finanziamento triennale per attivare il progetto SPRAR. Viene quindi pubblicata una garad’appaltoperassegnarelerisorseottenute ad un ente gestore no profit (cooperative, associazioni). La proposta migliore ottiene la gestione del progetto, che deve basarsi su un principio fondamentale: l’accoglienza integrata, che implica la costituzione di una rete locale per un’integrazione completa nella comunità, con attività di inclusione sociale, scolastica, lavorativa e culturale. Gli enti devono trovare gli alloggi in cui inserire gli immigrati, che vi possono restare per sei o dodici mesi, durante i quali vengono aiutati a trovare una sistemazione autonoma. Devono
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