Page 160 - vol.1.REPORTAGE.1_Neat
P. 160
Gli emigrati italiani che lavoravano nei dintorni di Zu-
rigo erano alloggiati nel sobborgo di Oerlikon in fab-
bricati che offrivano condizioni spartane ma
umanamente accettabili.
Accolti ed anche apprezzati come lavoratori erano
però circondati sempre dal sospetto e dal malanimo
di una parte della popolazione che li chiamava “sau
cingle”, “sau” uguale porco/sporco, “cingle” in riferi-
mento all’abitudine degli immigrati a giocare alla
morra rilanciando i numeri con le mani, in altre pa-
role “sporco italiano”.
Contro questa mentalità gretta e approfittatrice si
battevano gruppi di studenti di sinistra che frequen-
temente scendevano in piazza per manifestare il loro
dissenso e cercare di sensibilizzare la popolazione.
Alcuni gruppi erano anche molto attivi con gli immi-
grati per aiutarli nelle loro necessità relazionali e nel-
l’istruirli sui loro diritti; con uno di questi gruppi
organizzati riuscimmo a stabilire un contatto parti-
colarmente stretto tanto da farci portare nella loro
comune e furono loro a mostrarci gli alloggi di Oer-
likon dove si svolgevano le riunioni periodiche post
lavoro, riunioni a cui gli immigrati italiani, resi poco
combattivi e reattivi dalla stanchezza, partecipavano
con interesse molto variabile. Una volta terminato il
lavoro difficilmente questi operai uscivano dai loro
alloggi, alla ricerca di un’integrazione o almeno di
una interrelazione evidentemente difficile se non im-
possibile, cercando invece di ricreare all’interno della
propria comunità abitativa quell’ambiente e quella
familiarità rassicurante che avevano abbandonato al-
lontanandosi dai loro luoghi di origine.
Sui loro volti era facilmente leggibile la tristezza e la
solitudine, che complice la stanchezza fisica, li por-
tava ad isolarsi sempre di più.
158