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In altri tempi Antonio Cavaliere aveva prodotto la
        pregiata carta di Amalfi, quella che da tempo imme-
        morabile veniva usata dalle cancellerie di tutta Eu-
        ropa, in alternativa alla pergamena, per i documenti
        che avrebbero dovuto sfidare il tempo. Ed infatti si
        trovano tuttora negli archivi storici e nelle bibliote-
        che. Poi qualcosa era cambiato. La cartiera, chiusa
        infine nel 2000, produceva, negli ultimi tempi, solo
        carta da imballaggio, molto grezza e poco raffinata
        ma decisamente robusta. Utilizzava come materia
        prima carta straccia e cartoni che venivano ridotti in
        poltiglia attraverso una serie di martelli di legno im-
        mersi in acqua. La pasta che ne risultava veniva rac-
        colta da rulli ricoperti di tela, passava poi attraverso
        una calandra che la strizzava e definiva lo spessore fi-
        nale della carta. Il foglio continuo si raccoglieva su di
        un grosso telaio rotante e, a lavorazione ultimata, ve-
        niva tagliato in risme di fogli di circa un metro e poste
        ad essiccare all’aria su dei fili di ferro in un locale ap-
        posito. Tutta la lavorazione utilizzava, come in antico,
        la propulsione idraulica fornita dal corso d’acqua, il
        piccolo torrente Dragone che scorre vicino alla car-
        tiera, adeguatamente catturato e deviato che azio-
        nava i vari meccanismi.
        Era incredibile osservare con quanta professionalità e
        naturalezza Antonio Cavaliere gestiva, da solo, tutte
        le fasi del procedimento; ricordo che mi volle mo-
        strare il torrentello, la forza motrice della sua attività,
        che sbucando da sotto un arco basso, veniva convo-
        gliato verso i macchinari, lo guardava quasi come si
        guarda un figlio, sperando che non ti abbandoni mai.
        Si vedeva che, per quanto modesto come prodotto
        finale rispetto a quello pregiato che produceva prima,
        amava quella materia che riesce a rinascere ogni volta
        quando è lavorata dall’uomo.
        Non so per quale motivo poi ha dovuto o voluto chiu-
        dere, certo che una parte della sua vita è rimasta lì
        dentro, attaccata alla carta.


















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