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Colobraro è un piccolo centro situato nell’Appennino
Lucano, da tempo conosciuto come il “paese che non
si nomina” perché, secondo le credenze popolari dei
paesi vicini, il solo citare il suo nome provocherebbe
sventure. Inoltre era anche ricordato, ed evitato,
come il paese delle streghe a causa, sembra, della ca-
pacità di alcune donne del secolo scorso di praticare
le arti magiche.
Arrivai a Colobraro di sera, insieme a mio fratello
Dino, di ritorno da un lungo viaggio in Sicilia ed in
Calabria. Fummo ospitati in una modesta stanza an-
nessa ad una locanda con cucina in un’atmosfera più
che normale; naturalmente eravamo a conoscenza
della cattiva fama del paese, ero lì per quello, quindi
tutto ci sembrava, non pauroso, ma sospetto o al-
meno curioso, l’arredo spartano, datato ma non an-
tico, emanava un intenso odore di polvere e incenso.
La mattina seguente scendemmo per la colazione che
ci fu servita da una bella ragazza, forse figlia del pro-
prietario, aveva il volto serio e triste addirittura ci
sembrò cupo, quando ci chiese cosa volessimo re-
stammo senza parole, aveva una voce terribile, roca,
tremolante, con una modulazione continua dai toni
bassissimi agli acuti assordanti, restò a fissarci seria
perché noi non riuscimmo a risponderle subito. Poi
ricevuta la nostra ordinazione ci fece un dolcissimo
sorriso. Noi ci guardammo senza parlare, ma en-
trambi pensammo la stessa cosa, era una strega?
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