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Con l’espressione ‘ncopp’ ‘e quartier’, sopra ai quartieri, si intende
un’area specifica di Napoli, i Quartieri Spagnoli, quella fascia di fab-
bricati che si trova a monte di via Toledo fino alle prime pendici della
collina del Vomero; parte più o meno da Spaccanapoli e giunge a
piazza Trieste e Trento. Una graticola di strade che si intersecano. Na-
scono inizialmente per volere di Don Pedro de Toledo, primo viceré
spagnolo di Napoli, agli inizi del 1500, per acquartierare le truppe e
le loro famiglie al seguito. Nei decenni successivi vengono ampliati e
accanto agli alloggi per la soldatesca sorgono chiese, fabbricati per
abitazioni civili ed anche alcuni monumentali palazzi nobiliari, dei
quali si trovano tuttora vestigia, i cui titolari sono attratti dal luogo per
la sua vicinanza al palazzo vicereale, sorto nel frattempo nell’attuale
piazza del Plebiscito, che allora aveva preso il nome , appunto, di largo
di Palazzo.
Rispetto ad altri quartieri popolari della città, la sua caratteristica è
proprio questa, la convivenza nello stesso spazio geografico del po-
polo e delle classi sociali ed economiche più elevate, fino alla nobiltà.
Questa commistione ha dato vita, nei secoli, alla cosiddetta economia
del vicolo dove la presenza, la vita e le attività di ogni classe erano
funzionali alle altre, pur restando ferree ed anche visibili le divisioni di
classe, in uno scambio osmotico continuo, fatto di rispetto, sogge-
zione, sfruttamento, utilitarismo.
Questa caratteristica è rimasta quasi intatta fino al secondo dopo-
guerra, quando purtroppo i Quartieri Spagnoli, dichiarati off limits per
le truppe di occupazione, come anche altri a Napoli, divennero mal-
famati per i traffici illeciti del contrabbando, della borsa nera e della
prostituzione, ben descritti nella “Napoli milionaria” di Eduardo de
Filippo e ne “La pelle” di Curzio Malaparte e ancora in “Napoli ‘44”
dell’ufficiale americano Norman Lewis.
La carenza di abitazioni dovuta alle distruzioni operate dai bombar-
damenti - Napoli fu duramente colpita durante tutta la guerra - dette
inizio all’occupazione di locali posti a livello strada, ufficialmente non
destinabili ad abitazioni, i cosiddetti “bassi”, spesso occupati da nu-
merose persone e quasi sempre privi delle più basilari caratteristiche
igienico-sanitarie.
Ci sono voluti anni per riacquistare una dignità ed una civiltà di rap-
porti messi poi a dura prova e sconvolti, ancora una volta, con il ter-
remoto del 1980. Il dopoterremoto e la ricostruzione con i suoi
maneggi del malaffare, hanno dato un ennesimo colpo di grazia, poi
il traffico della droga e l’edonismo berlusconiano hanno fatto il resto.
Ma i Quartieri Spagnoli sono sempre lì, resistono, e ancora una volta,
tentano faticosamente di rialzarsi.
I bassi continuano ad esistere, e recentemente sono stati quasi tutti
occupati dai “nuovi poveri”, gli immigrati, provenienti prevalente-
mente dal sud-est asiatico.
Io sono nato sui Quartieri Spagnoli e ci ho vissuto per oltre venti anni,
parte della mia famiglia è ancora lì. Alcune immagini sono state ri-
prese proprio dai balconi di casa mia e dal portone del mio palazzo.
Queste fotografie scattate nel 1970, questo racconto doloroso, sono
il mio commosso e doveroso omaggio a quella parte della città e ai
suoi dignitosi abitanti con i quali ho condiviso una porzione della mia
vita.
*Ho realizzato alcune immagini di questa serie utilizzando il flash, che normalmente non è
nelle mie abitudini, ma indispensabile in questo caso per riprendere interni altrimenti illegi-
bili e che invece volevo raccontare in tutta la loro umanità.