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Il viaggio. Quello che mi è sempre piaciuto del viaggiare è il viaggio stesso,
                                                        quella cosa che ti permette di attraversare luoghi mentre aspetti di arrivare
                                                        alla meta che ti sei prefisso, e nel frattempo li guardi quei luoghi e te li vivi,
                                                        se possibile con calma; per questo non amo i viaggi in aereo, troppo breve
                                                        il tempo che intercorre tra la partenza e l’arrivo e in mezzo non c’è niente se
                                                        non nuvole e visione geografica dei territori.
                                                        Se potessi, anzi se avessi potuto mi sarebbe piaciuto viaggiare a piedi, allora
                                                        si che avrei potuto veramente vivere i luoghi immergendomici dentro.
                                                        Ma può andare bene anche la macchina, specialmente se non hai fretta di
                                                        arrivare alla meta, se la meta diventa una scusa per cercare, lungo il per-
                                                        corso, di capire quello che stai guardando e fissare in un’immagine ciò che
                                                        ti colpisce e ti emoziona, non necessariamente la più importante realtà tu-
                                                        ristico-monumentale, ma la vita delle persone in quei luoghi. Non ho mai
                                                        viaggiato solo per turismo, almeno quando facevo viaggi fotografici.
                                                        Quando ho fatto solo il turista raramente ho scattato foto, per i ricordi ba-
                                                        stava la memoria.


                                                        Viaggio nel Sud Italia
                                                        Nel giugno del 1968 vidi un servizio del telegiornale sullo stato del Belice,
                                                        sconvolto sei mesi prima da un violento sisma; le macerie erano ancora là,
                                                        la ricostruzione stentava, la normalità lontana all’orizzonte. C’ero stato nel
                                                        Belice, a Santa Ninfa, come volontario poco dopo il terremoto e mi era re-
                                                        stata dentro una emozione difficile da cancellare. Decisi che dovevo tornarci
                                                        per constatare la realtà e ricucire i ricordi, ne parlai con il mio caro amico
                                                        Annibale Oste, eravamo stati insieme all’Accademia di Belle Arti. Subito si
                                                        disse disposto ad accompagnarmi, con la sua mitica Citroën due cavalli.
                                                        E fu un’avventura. Percorremmo, da Napoli, tutta la costa tirrenica del Sud,
                                                        poi il periplo della Sicilia che comprese una puntata nel Belice, scopo origi-
                                                        nario del viaggio; al ritorno risalimmo lungo la costa ionica di Calabria e
                                                        Basilicata e quella adriatica della Puglia. Sempre con il mare in vista sulla no-
                                                        stra destra. Dormivamo in una cosa che lontanamente assomigliava ad una
                                                        tenda che piantavamo ogni sera su una spiaggia diversa. Fu una cavalcata
                                                        serrata, ma quando ci fermavamo, nelle poche tappe che facemmo, cinque
                                                        o sei al massimo, mi guardavo intorno cercando di cogliere il senso del
                                                        luogo, e scattavo foto. In questo volume ce ne sono alcune.

                                                        *Sono passati molti anni e non sempre, nel corso dei viaggi, ho annotato con precisione le
                                                        località, per cui nelle didascalie mi sono affidato anche alla memoria.

                                                        Per scelta ho sempre scattato le foto a mano libera, non mi sono mai ser-
                                                        vito del cavalletto che avrebbe impedito l’immediatezza della ripresa e non
                                                        ho mai utilizzato fonti di luce supplementare oltre a quella esistente nel mo-
                                                        mento della ripresa, affidando all’Ilford HP4 o alla Kodak Tri X-Pan tirate a
                                                        800/1600 o anche più (gli addetti ai lavori comprenderanno) e ad 1/30 di
                                                        secondo la possibilità di cogliere immagini, persone, situazioni ed emozioni
                                                        anche in condizioni di luce precaria, ben consapevole che queste modalità
                                                        avrebbero influito sulla qualità tecnica delle foto, facendo aumentare la
                                                        grana e correndo il rischio di scatti mossi, non perfettamente a fuoco o con
                                                        poca profondità di campo.
                                                        Ma a me interessava avere l’immagine, cogliere e fermare, in quel luogo ed
                                                        in quel momento, quell’insostituibile istante di vita che condividevo con il
                                                        mio soggetto. Per me era quella l’essenza della fotografia.







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