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Dovevamo fare una sosta e magari un bagno a mare,
        ci eravamo fermati a Cadice, durante uno dei viaggi
        fatti con mio fratello in Spagna e ci eravamo diretti
        verso la lunga spiaggia prospiciente la città per ripo-
        sare un po’, invece diventò per me una specie di sa-
        fari. La spiaggia era letteralmente invasa da centinaia,
        forse migliaia, di resti di bambole, ad ogni passo un
        sorriso spaccato, due occhi distorti, gambe, braccia,
        tronchi svuotati, addomi squarciati; inevitabile pen-
        sare ai giochi interrotti dei piccoli proprietari e, per-
        ché no, ai bambini stessi, vittime delle peggiori
        atrocità dell’essere umano, un’emozione, un colpo al
        cuore ogni passo, così per chilometri.
        Inevitabile, ora, pensare ai corpi dei piccoli migranti
        naufragati, trascinati dalle onde sulle spiaggie del-
        l’opulenta e insensibile Europa.
        Era l’agosto del 1971.
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