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Nell’aprile del 1969 ci fu, a Roma, una grande mani-
festazione di protesta dei terremotati del Belice, gui-
dati dal combattivo sindaco di Santa Ninfa, uno dei
paesi colpiti dal sisma, il valente Vito Bellafiore, ex
sindacalista della C.G.I.L.. Protestavano perché a due
anni dal terribile sisma poco o niente era stato fatto
per avviare la ricostruzione.
Mi trovavo lì per documentare la manifestazione
dopo aver seguito il corteo, avevo conosciuto perso-
nalmente Vito Bellafiore quando ero stato nel Belice,
uomo di sinistra, ma sinistra seria, e la sua persona-
lità mi aveva colpito profondamente.
Alla fine della manifestazione insieme ad un amico
giornalista andammo in una trattoria popolare a
Borgo Pio e lì trovai seduto, da solo, quest’uomo ri-
tratto nelle foto; lo riconobbi, perché era uno di quelli
che portavano grandi cartelloni di protesta e che
avevo fotografato.
Era seduto al tavolo in attesa del piatto di spaghetti
che aveva ordinato, io poggiai la fotocamera sul mio
tavolo rivolta nella sua direzione e iniziai a scattare.
Attorno a lui vedevo un’aura di dignità, serietà, cer-
tamente era dedito al duro lavoro dei campi, lo si ca-
piva dall’abbronzatura del volto.
Mangiò con calma, sereno, non si accorse di essere
oggetto del mio interesse, o forse si, perché alla fine
del pasto si fece una risata.
Anche lui mi aveva riconosciuto?