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Per molta gente il mercato degli stracci di Resina era
        una necessità, l’unica possibilità di abbigliare la fa-
        miglia in maniera economica e abbastanza dignitosa.
        C’erano poi quelli che cercavano la moda vintage, il
        pezzo di valore che a volte capitava tra quelle tante
        “pezze”, la particolarità da sfoggiare poi con eleganza
        e superiorità. Altri andavano alla ricerca di abiti da
        società, frac, smoking, per ragioni professionali, che
        non avrebbero potuto permettersi di acquistare dif-
        ferentemente. Poi c’erano quelli che acquistavano
        merce per poi rivenderla nei mercatini paesani. Per
        noi ragazzi e giovani quel mercato era un mito, una
        miniera, vi si trovavano le “cose americane” jeans, ca-
        mice, abbigliamento militare o sportivo, scarpe, sti-
        vali, cappelli; spesso per Carnevale era punto di
        ritrovo per chi dovesse recarsi ai veglioni e cercasse
        abiti fantasiosi, li avrebbe certamente trovati tra
        quelli che quotidianamente saltavano fuori dalle
        grosse balle provenienti in massima parte dagli USA.
        Questo fino agli anni ‘70/‘80 quando tutto è cam-
        biato, il dopoguerra con le sue ristrettezze era ormai
        un lontano ricordo, ed i gusti della gente si sono tra-
        sformati nel consumismo più sfrenato che imponeva
        una rappresentazione personale lustra, patinata e vin-
        cente. Gli stracci non bastavano più.






























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