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Per arrivare a Caltanissetta ci vollero quasi 20 ore di
        treno. In Sicilia ci ero già stato, ma sempre in auto, at-
        traversarla in un vagone ferroviario con i sedili di
        legno, particolarmente affollato, senza aria condizio-
        nata, d’estate, fu decisamente dura.
        Il paesaggio della solfara era arso e alquanto brullo,
        contrastava con la dignità ordinata e austera delle
        abitazioni dei minatori; gli impianti per il trattamento
        del minerale erano particolarmente obsoleti e, al-
        meno apparentemente, non avrebbero potuto ga-
        rantire standard di sicurezza affidabili, anche con le
        maglie discretamente larghe delle norme in vigore a
        quei tempi.
        Non mi fu consentito di scendere nei pozzi della mi-
        niera, dissero, per motivi di sicurezza, per salvaguar-
        dare la mia incolumità, ma certamente anche per non
        mostrarmi le condizioni in cui erano costretti a lavo-
        rare i minatori.
        Per fortuna, invece, che la relazione umana con gli
        operai fu collaborativa e calorosa. Bel ricordo.


































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