Page 43 - parrocchia san giovanni libro saluti don mario copinclusa_Neat
P. 43

UN SOGNO

             Quel giorno pioveva a dirotto. Di ritorno da una commissione, entrai in
          chiesa parecchio in anticipo e trovai la porta della sacrestia ancora chiusa.
          Mi ricordai che l’ora legale aveva spostato l’orario della Messa dalle sei alle
          sei e mezza… erano da poco passate le cinque. L’interno di San Giovanni era
          ancora quasi deserto ed in penombra per il grigiore della giornata. Mi sedetti
          su una panca, disponendomi a trascorrere quel tempo con la preghiera ed un
          po’ di meditazione.
          Ben presto, però, l’ambiente sereno e silenzioso, con il concorso del rumore
          ritmico della pioggia sulle vetrate, prevalse sulla mia concentrazione, e dal
          torpore scivolai nel sonno vero e proprio.
          Ed il sogno incominciò.
          Ero tornato a scuola, al liceo.
          C’era lezione di lettere: la prof era lanciata in una lettura appassionata di un
          passo dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.
          - “Era donna Prassede una vecchia gentildonna molto inclinata a far del bene:
          mestiere certamente il più degno che l’uomo possa esercitare; ma che purtrop-
          po può anche guastare, come tutti gli altri. Per fare il bene, bisogna conoscer-
          lo.” Bene, bene -.
          La prof si interruppe, sollevando uno sguardo indagatore. Le sue occhiate
          attraversavano i banchi e i corridoi tra le fi le di questi come fendenti di una
          spada invisibile, cui tutti cercavano di sottrarsi per non incontrare quello
          sguardo da Medusa. Il tempo, che sembrava essersi fermato, riprese a scorre-
          re impetuosamente appena i miei occhi intercettarono quelle pupille incan-
          descenti.
          - Zeviani, le capita mai di fare del bene? E se sì, come fa a sapere che quello è
          il bene per davvero?
          Una goccia di sudore ghiacciato mi scese per il fi lo della schiena… tentai
          di tergiversare e coinvolgere a gesti i miei compagni, che però sembravano
          rapiti da rifl essioni insondabili.
          - Ecco, io… io spero che quello che faccio sia il bene… ehm, logicamente non
          so se un domani ciò che oggi è bene per una persona si risolverà in qualcosa di
          negativo…
          - Zeviani, non le ho chiesto un’autovalutazione delle sue capacità… divina-
          torie. La invito ad interrogarsi su ben altro… perché Manzoni, innanzitutto,
          scrive che Prassede era “molto inclinata” a fare del bene?
   38   39   40   41   42   43   44   45   46