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Allo stesso modo, l’essere sacerdote non corrisponde all’essere esecutore di un rito o
               predicatore di formule etiche e morali per la salvezza delle anime dei fedeli.
               L’essere sacerdote è uno stato dell’essere; la dimensione sacra, una volta raggiunta e
               conquistata, diventa essa stessa espressione, attraverso l’azione di chi se ne investe,
               per l’appunto: il sacerdote.
               Per questo dobbiamo dire che il vero sacerdote  non riceve la dote sacra per
               trasmissione diretta, ma la conquista attraverso una “morte iniziatica” che sfocia nel
               “risorgere”  ad eroe e, soprattutto,  a sacerdote, come il Maestro Gesù, secondo
               l’ordine di Melkitzedeq, trasformando i vizi in virtù ed incarnando la legge e il mistero
               della trasformazione. Contattare la dimensione sacra è quindi il vero scopo a cui la
               Vita ci chiama per essere compartecipi del continuo divenire e trasformarsi dell’unica
               forza incorruttibile e universale: la forza d’amore, “l'amor che move il Sole e l’altre
               stelle…” e, aggiungo, trasforma tutto nell’abbraccio col tutto! Ancora oggi abbiamo
               testimonianza di come, nell’antichità, lo spazio sacro sia sempre stato il centro di ogni
               città, il cuore della vita sociale, il luogo deputato alla celebrazione dei riti destinati a
               rendere immortale la città stessa ….. Tutto questo a dimostrazione di quanto valore e
               considerazione  avesse  questo  aspetto  nel  cuore  degli  uomini  e  di  quanto,  invece,
               confrontato con i  nostri tempi, tanto  poco, e quanto  superficialmente, trovi spazio
               oggi. E’ come se l’uomo stesso abbia perso contatto con la sua stessa radice e fonte di
               vita, considerando tutto ciò espressione di un mondo scomparso e superato, in cui,
               l’adesione a tale dimensione è solo una manifestazione puerile di superstizione. Ma
               proprio questo tipo di considerazioni testimoniano il basso livello di coscienza di
               questa caotica società. Provate ad entrare all’interno di una chiesa romanica, di un
               tempio pagano,  di una cattedrale gotica, ponetevi  nei punti  dove le forme e le
               geometrie interagiscono tra loro, ponetevi in ascolto di tutto ciò che vi circonda, dei
               colori, dei materiali, delle forme: scoprirete una realtà profonda, invisibile agli occhi,
               ma percettibile e quasi tangibile ai vostri sensi sottili. Scoprirete il movimento delle
               energie attraverso i punti di forza creati tra le regole e i numeri della geometria
               sacra, dove linee invisibili tracciano l’etere disegnando  forme  con  la  forza  di  una
               bellezza  senza  tempo. Tutta la magia  del processo creativo  rivelata nel  silenzio
               immobile della pietra, testimone soltanto di un ritmo armonioso che evoca eternità.
               La cattedrale di Chartres con il suo magnifico labirinto.
               Dov’è tutto questo nei nuovi edifici in cemento  armato,  dove l’unico intento è il
               virtuosismo architettonico, fine a se stesso, dove il vuoto e le forme piene non fanno
               altro che confondere  e distogliere l’animo di chi vi  si reca, rendendo ancora  più
               anonimo un luogo che tutto sembra meno che un luogo sacro? Per non parlare della
               musica che vi  si ascolta. “Profanizzata” anche quella,  per il  solo scopo di
               “avvicinare” i giovani alla religione e farne nuovi proseliti. Dimenticando che anche
               la musica, come il canto, crea  lo spazio e la qualità dello stesso e che  anch’essa
               diventa sacra nel momento in cui vibra delle stesse leggi matematiche che regolano
               l’armonia delle sfere e conducono allo stato di “bellezza” e di “eternità”.  Ma ormai,
               oggi, anche ciò che  è sacro è  in mano  ai profani ed il sacerdozio, la  più  alta
               aspirazione per un uomo nei confronti della vita stessa, diventando parte attiva del
               processo creativo, è diventato, invece, anch’esso un “mestiere”, reso profano dalla
               “vocazione”, come  oggi ci  piace dire,  alla sola  antropofilia.  La  maggior  parte dei
               preti sono sicuramente ignari del  mistero che realmente incarna il  rito sacro



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