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piaceva sentire quelle belle parole che gli uscivano dalla
bocca in modo cosi’ fluente ed armonioso, fu una buona
scuola di ripetìzone dì Italiano; ma in fondo alla mente
dicevo: “Caro Professore Demitrios, non ci credo ... non ci
credo!”.
Prima di lasciarci, ci disse che duccentocinquanta di noi Ital-
iani erano invitati alla capitale da Baffone, con tutte le spese
pagate, per un aggiornamento sulla filosofia e sulla dottrina
Marxista. A me piacevano le avventure, accettai e diedi il
nome. Naturalmente aspettavamo proprio una specie di escur-
sione turistica a Mosca e citta’ vicine. Lo immaginereste?
Fummo ficcati in carri bestiame! Ma essendo delle persone
che meritavano rispetto, ci misero cinquanta ogni carrozza, le
fermate furono piu’ convenienti, e le razioni quasi buone. Ma
un po’ di liberta’, un po’ di libera uscita per muoverci senza la
canna del mitra sotto gli occhi, non ce la concessaro mai. Ci
considerarono come prigionieri della piu’ bassa categoria fino
all’ultimo istante.
Tre mesi a Mosca per diventare esperti nella lingua russa,
nelle teorie comuniste, nella storia russa, nelle glorie della
Russia per essere poi pronti e degni del battesimo comunista.
A me fece l’effetto contrario. Che effetto fece sugli altri
alunni? Lo potevamo notare, pensare, giudicare,ma zitti ed
acqua in bocca! La Siberia non era lontana per quelli che osa-
vano pensare il contrario. Io gridavo, battevo le mani, ap-
provavo, sorridevo, ecc. Ecc., ma dentro di me dicevo: “Caro