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Porta orgogliosamente il nome della città di Parma, il prosciutto nato, molti secoli
fa, in questa nobile città, che oggi si può a pieno diritto definire la capitale della gastronomia italia- na.
Se ricordate, dopo una lunga dia- triba sul caso del più celebre for- maggio italiano, Parma ha dovuto dividerne la titolarità con la vicina Reggio Emilia, accettando inoltre
che si chiami Parmigiano Reggia- no.
Per quanto riguarda invece il pro- sciutto crudo, la città regna da sola, anzi trionfa.
E il “Parma” è sinonimo di qualità in tutto il mondo, garanzia e gioia del gusto.
I numeri sono imponenti: sono ben otto milioni e mezzo i pro- sciutti di Parma “Dop” marchia- ti nel 2018, per un giro d'affari
complessivo di un miliardo e set- tecentomila euro.
Un caso abbastanza eccezionale nel mondo della tipicità: spesso quando diciamo prodotto tipico, con caratteristiche organoletti- che precise e tutelate, ci riferiamo a ciò che vien fatto in una zona piuttosto ristretta, come avviene per il San Daniele, l'altro prosciut- to italiano di eccellenza, che vie- ne produtto in un piccolo angolo del Friuli, dove clima, orografia e terreno hanno delle specificità ir- ripetibili, come è possibile scoprire leggendo il successivo articolo. Ricca e documentata la storia del “Parma”, che affonda le radici nei secoli trovando la sua mag- gior gloria in epoca rinascimenta- le quando, i più grandi trattati di arte e civiltà della tavola, lo esalta- no insegnandoci come affettarlo e servirlo. Oggi nasce dalla cosce di suini allevati secondo precise mo- dalità in varie zone: oltre all’Emilia
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