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Ancora oggi, dopo 50 anni, bisogna riconoscere al “Golden Boy” Gianni Rivera la nostra personale grati- tudine per il celeberrimo gol del 4-3 a Messico '70, che potrebbe diventare un eccellente manuale calcistico a disposizione degli inse- gnanti del gioco.
Non va dimenticato inoltre che, sempre quel gol, ci ha permesso di ospitare, da allora e per eter-
no, sui nostri lidi, moltitudini di tedeschi anche se eternamente forti di un atavico ed immotivato sentimento di superiorità.
Il fisico da “Abatino” di Gianni, termine abusato in quegli anni, affibbiatogli se non erro, da
Gianni Brera, ci insegna che non serve as- solutamente avere un su- perfisico, nep- pure avere dei superpoteri per diventare eroi.
Non serve neanche es- sere titolari, perché il 17 giugno 1970, Rivera restò seduto in pan- china tutto il primo tempo, sulla base di un’assurda staffetta pre- cedentemen- te elaborata a tavolino.
Va detto inoltre che lo sport del calcio non preclude la strada per la gloria, neanche commettendo un errore grave a dieci minuti dalla fine del secondo supple- mentare.
Cosa non grido’ Albertosi... Gianni era vicino al palo, sugli sviluppi di un corner, e quel dia- volo di Muller ha potuto mettere in rete il 3-3, senza nessun suo intervento.
A quel punto era tutto da rifare. Ma, ecco la lezione del signor Gianni Rivera!
Questo sport è una cosa meravi- gliosa perché, in un solo minuto, ha avuto il potere di spalancare le “Porte della gloria” a un ra- gazzo gracile, una riserva, che
da poco era stato protagonista d’una leggerezza imperdonabile sulla propria linea di porta. Quando diciamo un minuto vo- gliamo dire esattamente un mi- nuto e undici passaggi, per op- portuna precisione. Successivamente al disastroso gol di Gerd Muller, la palla, tor- nata sul dischetto del centro- campo, è scivolata di azzurro in azzurro, senza che i tedeschi riuscissero a toccarla ed è rotola- ta davanti a Rivera, merito di un cross rasoterra di Boninsegna. Gianni pensa, in un primo tem- po, di colpirla di sinistro e di spe- dirla verso il palo alla sua destra ma, con la coda dell'occhio, si accorge che Sepp Maier era già in viaggio
in quella direzione, ed allora cambia piede, cambia palo, e il portiere viene trafitto da un in- credibile, magistrale e trionfale contropiede.
Altra sublime lezione del nostro “Abatino”. Non è detto che la porzionepiùlargadiportasco- perta sia sempre la soluzione mi- gliore.
Ho parlato di manuale calcistico, ma in realtà, dal momento che il calcio riflette la vita, il gol di Gianni Rivera alla Germania è stato un vero manuale esisten- ziale.
Ci spiega infatti che basta un minuto per farsi perdonare e per trovare la felicità, a dispetto dei nostri limiti, e che la vita spesso premia i più fantasiosi che han- no il coraggio di scelte contro ogni logica.
La vita che è pur sempre genero- sa, diviene a volte spietata, per- ché quando finalmente ti senti un eroe, può chiamarti in cam- po solamente, per sette minuti, nella successiva partita, dopo averti nuovamente fatto iniziare in panchina.
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