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FORMAGGI NOBILI
IL CONSORZIO CHE TUTELA LA QUALITÀ
Trentingrana, isti-
tuito nel 1973
con lo scopo
di promuovere
la commercia-
lizzazione di questo specifico prodotto, nel 1993 è entrato a far parte di un'organizzazione maggiore, che tutela anche tut- ti gli altri più prestgiosi prodot- ti lattiero caseari trentimi (fra i quali ricordiamo in particolare due altre autentiche eccellenze come il Vezzena e il Puzzone di Moena). Tale Consorzio, de- nominato Trentingrana- Consor- zio dei Caseifici Sociali Trentini s.c.a.), svolge diverse funzioni relative al settore lattiero-casea- rio della provincia di Trento e le sue principali attività operative sono: analisi del latte e prodotti lattiero-caseari; assistenza tec- nica alla produzione; stagiona- tura e commercializzazione del formaggio Trentingrana e degli altri prodotti lattiero-caseari dei Caseifici associati; produzione e commercializzazione di burro di eccellente qualità e rigorosa- mente locale. (www.trentingrana.it)
DOP esclusiva, facendo parte come s'è detto della DOP del Grana Padano, evitiamo di ri- petere procedure produttive già descritte nell'articolo preceden- te, dedicato appunto a tale for- maggio.
Precisiamo, però, che le forme del Trentingrana hanno un peso medio di 35 kg e sono commer- cializzate nelle seguenti pezzatu- re: da 4-8 kg (destinate prevalen- temente al settore della ristora- zione), spicchi da 300 grammi e da 1kg (in confezioni sottovuoto per la distribuzione in libero ser- vizio presso i supermercati) e bu- ste da 100 grammi di formaggio già grattugiato.
La preparazione del Trentingrana è lunga e complessa,
e viene seguita secondo i protocolli fissati dal Grana Padano.
CENNI STORICI
Le origini risalgono al XII secolo e Nasce nell'area delle abbazie benedetti- ne e cistercensi situate fra Reggio Emilia e Parma e le sue origini risalgono al XII secolo anche se Giovanni Boccaccio nel Decameron spiega che già attorno al 1200-1300 il Parmigiano-Reggiano aveva raggiunto caratteri- stiche del tipo moderno quindi le sue origini potrebbero risalire a diversi secoli prima. La ricetta potrebbe essere analoga a quella di due formaggi a pasta dura: il formaggio Piacentino chiamato il Piacentino e quello Lo- digiano chiamato il Granone Lodigiano (quest'ultimo citato talvolta da fonti romane). Fonti certe citano il Parmigiano Reggiano nel XII secolo, come legato a grandi grandi monasteri e a castelli dove comparvero i primi caseifici produttori di questo tipo di formaggio (erano piccoli edifici a pianta quadrata o poligonale dove avveniva la lavorazione del latte).
I quattro principali monasteri presenti a Parma e Reggio Emilia erano due benedettini (San Giovanni a Parma e San Prospero a Reggio Emilia) e due cistercensi (San Martino di Valserena e Fontevivo, entrambi nel parmense). Un prato per poter essere adatto all'allevamento di bestia- me di grossa taglia necessita di abbondanza d'acqua e le praterie più estese si formarono dove c'era abbondanza di acqua sorgiva: a Parma nell'area a nord della città e in quella di Fontanellato-Fontevivo oppure a Reggio nel territorio tra Montecchio Emilia e Campegine (quest'ultima zona era allora soggetta a Parma). Nel parmense inoltre, grazie alle saline di Salsomaggiore, era disponibile il sale necessario per la trasformazione casearia. La produzione del Parmigiano Reggiano si diffuse rapidamente nel moderno comprensorio situato a sud del Po, nelle province di Parma, Reggio Emilia e Modena, toccando anche parte della provincia di Bolo- gna e di Mantova.
84 Piaceri d’Italia


































































































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