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CITTÀ DELLA PASTA
CENNI STORICI
Col passare del tempo, la necessità per le classi povere di avere un minimo di scorte alimentari fece na- scere una nuova produzione, quella della pasta secca, che veniva realizzata con semole di grano duro macinate in zona. Tale attività diventò presto una tradizione così importante, radicata che nel ’500 a Napoli fu costituita la corporazione dei “vermicellari” e nello stesso periodo un editto del Re di Napoli conferì la licenza di vermicellaro a un gragnanese. Fino al XVII secolo era un alimento poco diffuso.
A seguito della carestia che colpì il Regno di Napoli, divenne alimento fondamentale per le qualità nutriti- ve e perchè consentiva di produrre pasta, detta oro bianco, a basso costo pressando l’impasto attraverso le trafile. I terreni ideali per produrla furono Gragnano e Napoli, grazie al microclima composto da vento, sole e giusta umidità. L’industria pastaia venne aiutata da ben trenta mulini a acqua, si possono ammirare ancora oggi alcuni ruderi nella “Valle dei Mulini”. Intanto il settore dell’industria tessile che era entrato in crisi, chiuse definitivamente nel 1783 per una morìa dei bachi che bloccò la produzione della seta. Da allora i gragnanesi si dedicarono alla “manifattura della pasta”.
L’epoca d’oro della pasta di Gragnano è l’800, anni in cui sorsero grandi pastifici a conduzione non fami- liare lungo via Roma e piazza Trivione, che diventarono così il centro di Gragnano. I pastifici esponevano i maccheroni ad essiccare proprio in queste strade. Alla metà del secolo la produzione raggiunse l’apice. Nel periodo il 75% della popolazione attiva operava nell’industria dei maccheroni, i pastifici erano più di 100 e producevano oltre 1.000 quintali quintali di pasta al giorno. Nei secoli i cambiamenti strutturali e architettonici della città andarono di pari passo con la produzione della pasta secca. Via Roma, il simbolo della Pasta di Gragnano, fu rimodellata per favorire la sua esposizione al sole, diventando così una sorta di essiccatoio naturale per la pasta. Ancora oggi non è difficile trovare immagini d’epoca che mostrano la strada colorata di giallo per le canne di bambù poste su cavalletti che dovevano reggere vermicelli e ziti, posti ad asciugare. La produzione dei “macca-
roni” non rallentò dopo l’Unificazione, anzi. Dopo il 1861 i pastifici gragnanesi si aprirono ai mercati di città come Torino, Firenze e Mi- lano. Gragnano ottenne addirittura l’apertura dìuna stazione ferroviaria per potere esportare i maccheroni che collegava Gragnano a Napo- li e quindi all’intero Paese. Il 12 maggio 1885 all’inaugurazione erano presenti il Re Umberto I e sua moglie, la Regina Margherita di Savoia. Successivamente i pastifici si ammodernarono. Arrivò l’energia elettrica e con questa i moder- ni macchinari che sostituirono gli antichi torchi azionati a mano. Il ’900 fu però un secolo dif- ficile per la Città della Pasta. Nel XX secolo il confronto fra la produzione artigianale di Gra- gnano e la nascente industria del nord deter- minò una drastica diminuzione dei pastifici gra- gnanesi. Quelli che proseguirono la loro attività puntarono sulla qualità.
Le due Guerre Mondiali fecero entrare in crisi la produzione della pasta gragnanese che nel do- poguerra si trovò a dover affrontare la concor- renza dei grandi pastifici del Nord Italia, che di- sponevano di capitali maggiori. Il terremoto del 1980 aggravò la situazione e ridusse a sole otto unità il numero di pastifici. Nonostante i tanti problemi trascorsi, Gragnano, grazie a qualità del prodotto e intraprendenza dei produttori, continua a essere la Città della Pasta.
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