Page 378 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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LEZIONE YENTIDL’ESIMA.
» volte le dicasterie ateniesi hanno condannato a morte di quelli
» che si presentavano fieri della loro innocenza, e quante volte
» hanno assoluto dei colpevoli, o intenerite o sedotte dai loro
» discorsi ? — Ebbene , so te l’iio a dire, di questa apologia me
, ne son voluto occupare due volte, e due volte il mio gemo ci
» Pure, venuto alla presenza degli Eliasti che
» s’ è opiiosto. ' parlò coll’ alterezza
erano in numero di 559, parlò a lungo :
d’uomo che è consapevole della sua onestà, e che non ha piu
amore a un corpo oramai affralito dagli anni. « Sono settuap-
» nario ed è la prima volta che mi presento a on tribunale ;
» onde nulla so dell’ artiliziose linguaggio de’ miei avversari;
parlerò come sempre
» ma tanto per obbedire la legge, vi 1 miei acccusalon
» m’udiste in piazza, pei banchi, altrove.
» cianciano ch’io indaghi le cose celesti e le sotterranee, fpcia
, buona la causa cattiva, e agli altri l’insegni. Eppure io di ciò
» non so nulla, e poiché in pubblico sempre favellai, dite se al-
» cune m’ha udito mai a proferire cose siffatte, o se non piut-
» tosto quei che giovani mi ascoltarono non continuino a ben
» volermi adulti. La mia è tutta sapienza umana , e l’ oracolo mi
» dichiarò più sapiente di tutti, solo pt'rchè so di non sapir
s nulla. E perchè lo dissi, mi procacciai l’ inimicizia de’ filosofi,
artisti e jvoeti, che credea no saper moltissimo : la gioventù cho
»
» m’ode, impara a non far gran caso della costoro pretesa sa-
li pienza, e perciò dicono eh’ io la corrompo, e perciò mi aiz-
» zarono contro Melilo, Anito, Licone. Ora questi mi appngono
» di guastare i giovani, di non credere agli dei e introdurne di
»’ nuovi. Ma la prima imputazione non può credersi, perche
. certo nes-suno vorrebbe a bella posta far malvagi altri che poi
» gli potrebbero nuocere ; e se l’ ho fatto in fallo, perchè gli ac-
» cusatori miei non mi corressero ed istruirono a tempo? Quanto
» alla seconda è contradetU dalla terza, perchè quand’ io parlo
» del mio dèmone, già mostro credere vi siano gli dei. Ed esso
» dèmone mi comandò di filosofare, ed io obbedisco come obbedii
i vostri capitani, o Ateniesi, a Potidea, ad Amfipoli, a De io,
»
» e se voi mi mandaste assolto col patto che cessassi dal filoso-
» fare, non vorrei per obbedire voi, disobbedire gl iddìi ,
p a’ quali ne.‘«iin maggior onore credo poter rendere, chè aggi-
p randomi continuo ad insinuare a giovani e vecchi, di non cu-
* Senof. Apologia di Socrate.