Page 8 - R.L. Stevenson
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buone fra i miei simili, e diciamo pure, come tutto lasciava prevedere, con la garanzia sicura di un futuro onorevole e di grande distinzione. E in verità il mio peggior difetto era una certa qual impaziente vivacità di temperamento, che ha fatto la felicità di tanti, ma che io trovavo difficile conciliare con il mio imperioso desiderio di andare a testa alta e di avere agli occhi della gente un'aria contegnosa oltre ogni dire. Questo è il motivo per cui tenni poi nascosti i miei piaceri e quando raggiunsi l'età della riflessione e cominciai a guardarmi intorno e a valutare i miei progressi e la mia posizione nel mondo, mi trovai già coinvolto in una profonda duplicità di vita. Chissà quanti si sarebbero perfino fatto un vanto delle mancanze di cui ero colpevole; ma io, di fronte agli alti scopi che mi ero assegnato, le consideravo e le tenevo nascoste con un senso di vergogna quasi morboso. Fu pertanto la natura esigente delle mie aspirazioni, più che una mia particolare degradazione nell'errore a fare di me quello che ero, separando in me, con un solco ancora più profondo che nella maggior parte degli uomini, le due regioni del bene e del male che dividono e compongono la duplice natura dell'uomo. Nella fattispecie, fui indotto a profonde e inveterate riflessioni su quella dura legge della vita, che sta alla radice della religione ed è una delle più notevoli fonti di dolore.
Pur così profondamente doppiogiochista, non ero in nessun modo un ipocrita; entrambi i miei due lati erano in perfetta buona fede; io ero sempre me stesso, sia che mettessi da parte ogni ritegno e sprofondassi nella vergogna, sia che mi adoperassi, alla luce del giorno, a promuovere la scienza o ad alleviare dolori e sofferenze. E avvenne che la direzione dei miei studi scientifici, interamente rivolti al mistico e al trascendentale, si ribellasse e gettasse una viva luce su questa coscienza della perenne lotta fra le mie componenti. Così, di giorno in giorno, e con entrambe le facce, morale e intellettuale, del mio essere senziente, sempre più mi avvicinavo a quella verità, la cui parziale scoperta mi ha condannato a un così orribile naufragio: che l'uomo non è uno, in verità, ma due. Dico due, perché lo stadio della mia conoscenza non va oltre questo punto. Altri verranno, altri su questa stessa strada