Page 10 - R.L. Stevenson
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imparare che il destino e il fardello della nostra vita ricadono per sempre sulle spalle di ogni uomo, e a tentare di disfarsene si provoca soltanto una recrudescenza dell'oppressione, più estranea e più terribile. In secondo luogo perché, come il racconto, ahimè, dimostrerà a iosa, le mie scoperte erano incomplete. Basti dunque dire che, non solo io riconobbi il mio corpo naturale come semplice aura e irradiazione di alcuni dei poteri che costituivano il mio spirito, ma riuscii a comporre una pozione per effetto della quale questi poteri venivano detronizzati dalla loro supremazia e sostituiti da una seconda forma e da un secondo aspetto, non meno naturali per me per il fatto di essere l'espressione, e di recare l'impronta, degli elementi inferiori della mia anima.
Esitai a lungo prima di sottoporre questa teoria al vaglio della pratica. Sapevo bene di rischiare la morte: una droga, infatti, in grado di controllare e scuotere con tanta efficacia la roccaforte stessa dell'identità, avrebbe potuto, alla minima eccedenza nella dose o alla minima intempestività al momento della somministrazione, togliere definitivamente di mezzo l'inconsistente tabernacolo che volevo trasformare grazie a essa. Sennonché la tentazione di una scoperta così singolare e profonda alla fine l'ebbe vinta sui consigli dettati dalla prudenza. La soluzione era pronta già da un pezzo; comprai subito, da una ditta di farmaceutici all'ingrosso, una forte quantità di un sale speciale che, in base ai miei esperimenti, sapevo essere l'ultimo ingrediente richiesto; e, una notte esecranda, a tarda ora, combinai gli elementi, li guardai ribollire e fumare mischiati nel bicchiere e, una volta finita l'ebollizione, con una fiammata di coraggio, trangugiai la pozione.
Seguirono delle fitte lancinanti: uno stritolio nelle ossa, una nausea mortale e un orrore dello spirito che non è dato di superare neppure nell'ora della nascita o della morte. Dopo di ché gli spasimi presero rapidamente a diminuire e io tornai in me come reduce da una grave malattia. C'era qualcosa di strano nelle mie sensazioni, qualcosa di indescrivibilmente nuovo e, proprio per la sua novità, d'incredibilmente dolce. Mi sentivo più giovane, più leggero, più felice nel corpo; nell'intimo sentivo