Page 109 - L'INVENZIONE DEL BUIO
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Io - Si può sapere di preciso che cosa stiamo cercando?
          Lui - Passeggiamo intorno alla bocca del vulcano.
          Io   - Ho notato che ti fermi spesso a studiare le rocce, i
              macigni. Sono forse blocchi di lava?
          Lui - Possibile.
          Io   - Sinceramente non capisco perché sei attratto da queste
              pietre. Non hanno nulla d’interessante, né di bello.
          Lui - Sai dipingere?
          Io   - Una volta disegnavo. Però l’arte mi ha sempre
              appassionato. Me ne intendo abbastanza.
          Lui - Mettiamo che ti dicessi: raffigurami la bocca magmatica
              di un vulcano. Oppure le viscere tumultuose di un
              maelstrom.
          Io   - Non saprei. Non sono soggetti consueti.
          Lui - Proprio così. La difficoltà dipende dal fatto che sono
              fenomeni che resistono ai paragoni. Fanno saltare il piano
              condiviso a partire dal quale sarebbe possibile operare dei
              confronti, delle comparazioni. Appartengono a un’altra
              dimensione. I modelli con cui proviamo a rappresentarli
              saranno sempre inadeguati rispetto all’imperscrutabile
              abisso che li costituisce svuotandoli dall’interno. Un
              po’ come Dio, e nonostante l’impegno profuso per
              raffigurarselo a propria immagine e somiglianza.
                Non si tratta però di un’incommensurabilità teorica.
              L’irrappresentabile è tale, perché gli opposti coesistono
              in esso rovesciandosi senza sosta gli uni negli altri.
              Giorno e notte, meraviglia e orrore, slancio vitale e totale
              annichilimento.
                Anche la “e” che unisce i due termini è una concessione
              generosa alla rappresentazione. E fuorviante, perché lascia
              intendere che gli elementi, prima di confondersi, esistano

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