Page 120 - L'INVENZIONE DEL BUIO
P. 120
Lui - Non cerco una pietra qualsiasi. Cerco l’Ermafrodito
– ricettacolo informe, matrice del possibile. Devo
confessarlo, sono teso come la corda di un violino. O
come una freccia pronta a scoccare dall’arco. Tremo tutto.
Non riesco a calmarmi.
Io - Forse hai la febbre.
Lui - Non so se conosci la storia. Un tempo sulla Terra si
adoravano delle pietre venute dal cielo. Esse conservavano
il potere di muoversi liberamente nell’aria avvolte in sfere
di fuoco. Un culto fervente era riservato loro in Acaia,
Arcadia, Beozia, Siria e molti altri posti del mondo.
Erano i cosiddetti betili, in ebraico “case di Dio”. E, in
effetti, si credeva che Dio stesso fosse presente in queste
pietre informi.
Io - Continui a sfogliare il libro della Terra come un solerte
filologo. Vuoi forse dire che il masso che abbiamo davanti
è una di queste pietre sacre?
Lui - Proprio così. Ma non è tutto. Ascoltami bene. Qui si
gioca la partita decisiva.
Io - Mi fai venire i brividi.
Lui - Ricordi le venature nere di cui hai parlato poco fa?
Io - Certo. Allora?
Lui - E ricordi che, quando ci siamo incontrati, ti dissi che
ero già venuto sulla Terra?
Io - Credo di ricordare. Però è passato tanto tempo.
Lui - Il sarcofago egizio di granito nero rinvenuto ad
Alessandria? La pietra nera custodita nella Ka’ba della
Mecca? Hai presente?
Io - Sì, abbastanza. Ma qual è il punto?
Lui - Queste pietre sono in realtà navicelle, o resti di
navicelle, con cui per milioni di anni abbiamo esplorato
l’universo. E nel vecchio scrigno del betilo che abbiamo
trovato, potrebbe esserci uno di questi ordigni spaziali.
118