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Grebennikov ha costruito dei rilevatori di energia  di onde torsionali che erano
               relativamente simili a quelli di Kozyrev, anche se molto meno complessi. La chiave da
               ricordare qui ancora è che queste onde spiraliformi esercitano una sottile pressione
               sulla materia fisica che è rilevabile con strumenti sensibili:

               Sono riuscito ad escogitare strumenti per un’obiettiva registrazione del  CSE, che
               reagiscono accuratamente alla prossimità di nidi d’insetti durante tutto questo tempo.
               Eccoli  nei  disegni.  Si  tratta  di  barattoli  [di  vetro]  sigillati  con  dentro  paglia,
               ramoscelli  bruciati o  carbone da disegno  sospesi su fili di  ragnatela, con  un  po’
               d’acqua sul fondo per contrastare gli effetti dell’elettricità statica, che ostacola questi
               esperimenti nell’aria asciutta. Se si punta un vecchio nido di vespe, un alveare d’api o
               un mazzo di cereali verso il capo superiore dell’indicatore, esso gira lentamente di
               poche dozzine di gradi. Questo non è un miracolo… Coloro che hanno dubbi sono
               invitati a visitare il Museo di Agro ecologico vicino a Novosibirsk e vederlo coi loro
               occhi…

















                I rilevatori di CSE di Grebennikov in azione.

               Questa nuova citazione fornisce una rimarchevole prova dell’abilità di un calabrone
               di sentire il CSE dal suo alveare anche attraverso un muro di mattoni spesso mezzo
               metro:

               Mi è stato riferito di effetti altamente spiacevoli di pochi nidi di vespe in un attico.
               Oltre a quello, la maggior parte di strumenti a cellule multiple e oggetti con  un
               manifesto campo CSE hanno un effetto tutt’altro che benefico sugli uomini nei primi
               pochi minuti. Alveari di api da miele sono una rara eccezione. Ho anche osservato
               spesso i calabroni che vivono  nel nostro  piatto Isilkul negli anni ’60.  Un  giovane
               calabrone non si prese la briga di ricordare l’entrata all’alveare e spese ore vagando
               intorno alle finestre di casa nostra e di una casa simile vicina nel suo primo viaggio
               fuori dall’alveare. Si arrese per la sua scarsa memoria visiva nel pomeriggio e atterrò
               su un muro di mattoni precisamente davanti all’alveare e tentò di passare proprio
               attraverso il muro.

               Ora come faceva l’insetto a sapere che il  suo nido era proprio là, a quattro metri
               dall’ingresso dell’attico e un metro e mezzo sotto, dietro il muro spesso mezzo metro?
               Al tempo mi sono perso in congetture ma ora so esattamente perché il calabrone si è
               comportato in quel modo. Ora ricordiamo l’esperimento nel quale le vespe cacciatrici
               ritornarono non solo ad un determinato luogo ma anche ad un luogo completamente

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