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Cos’è un fotoracconto.
Alla fine degli anni Sessanta diventò molto frequente l’uso di privilegiare se-
quenze fotografiche su un determinato argomento invece di limitarsi allo
scatto unico. Il racconto fotografico divenne perfino una sezione a sé nei vari
concorsi fotografici, amatoriali e professionali.
Il fotoracconto è l’incontro, se così si può dire, tra la streetphoto e il fotore-
portage, della prima ha l’occasionalità e la non programmazione, del secondo
la volontà di narrare, con una sequenza di immagini, più o meno lunga, un
avvenimento estemporaneo colto, in questo caso, fortuitamente e, rispetto al
fotoreportage, non ha alcuna intenzionalità e fine commerciale di pubblica-
zione.
Gli inizi, l’arte, gli artisti e le persone, gli esperimenti, la ricerca di qual-
cos’altro.
Questo volume raccoglie e racconta il mio rapporto con la fotografia, dai primi
approcci, con l’ossessione continua di fotografare qualsiasi cosa per la prima
volta; giochi a volte banali ma, almeno per me, mai inutili.
Poi i tentativi di intraprendere una strada professionale nel campo dell’arte, in
special maniera riguardo alla scultura, materia che avevo praticato nella mia
frequentazione all’Accademia di Belle Arti di Napoli. I primi risultati positivi
raccolgono lusinghieri apprezzamenti, cosa che ha comportato conseguente-
mente il superamento, liberatorio per me, del complesso di inferiorità che mi
aveva tormentato per lungo tempo, facendomi aprire ad una faciltà di rela-
zioni in cui venivo visto e amato come persona ed apprezzato come fotografo.
Dopo la lunga parentesi del foto giormalismo e del professionismo nel campo
della pubblicità e dell’editoria - non mancano comunque in questo periodo
sporadici esperimenti sui metodi fotografici alternativi come la stampa al bi-
cromato o l’uso di materiali fotomeccanici - il mio riavvicinamento alla foto-
grafia, come passione e ricerca, avviene con l’acquisto di un apparecchio
Aladin, Polaroid SX70.
La scoperta della foto istantanea mi rapisce, risvegliando in me l’originaria os-
sessione a fotografare tutto potendo materializzare visivamente subito il risul-
tato; poi, inappagato, con gli stessi materiali istantanei ho cercato di
fotografare l’immateriale, producendo immagini risultanti dalla sovrapposi-
zione e manipolazione di immagini altrui.
Infine, in questi ultimi anni, cercavo qualcosa di differente dalla semplice im-
magine fotografica; nascono così quei teatrini tridimensionali che ho deno-
minato “Situation Photography”.
Poi in futuro... non so.
Le immagini di questo volume non sono sempre inserite in ordine cronologico.
Per scelta ho sempre scattato le foto a mano libera, non mi sono mai servito
del cavalletto che avrebbe impedito l’immediatezza della ripresa e non ho mai
utilizzato, se non in casi rarissimi, fonti di luce supplementare oltre a quella esi-
stente nel momento della ripresa, affidando all’Ilford HP4 o alla Kodak Tri X-
Pan tirate a 800/1600 o anche più (gli addetti ai lavori comprenderanno) e ad
1/30 di secondo la possibilità di cogliere immagini, persone, situazioni ed emo-
zioni anche in condizioni di luce precaria, ben consapevole che queste moda-
lità avrebbero influito sulla qualità tecnica delle foto, facendo aumentare la
grana e correndo il rischio di scatti mossi, non perfettamente a fuoco o con
poca profondità di campo.
Ma a me interessava avere l’immagine, cogliere e fermare, in quel luogo ed in
quel momento, quell’insostituibile istante di vita che condividevo con il mio
soggetto. Per me era quella l’essenza della fotografia.
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