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All’incrocio tra Via Pallonetto a Santa Chiara e via
        San Giovanni Maggiore Pignatelli, una stretta tra-
        versa di via Benedetto Croce, nei pressi di piazza San
        Domenico Maggiore, sorge il complesso di Santa
        Maria della Fede, fondato nel XVI secolo per volere di
        Maria Amalia di Sassonia consorte di Carlo III di Bor-
        bone, re moderno, per quell’epoca, e lungimirante.
        Inizialmente destinato come ritiro penitenziale per le
        povere peccatrici, nella sua lunga vita è stato anche
        ospedale e conservatorio, denominazione che è ri-
        masta fino ai giorni nostri; infatti il luogo è citato
        spesso come il Conservatorio della Santa Fede o Pa-
        lazzo delle Vecchiarelle, per l’età avanzata delle sue
        ospiti di un tempo.
        Poi, purtroppo come molte realtà storiche della città,
        una volta terminata la sua funzione sociale, fu la-
        sciato in completo abbandono, per mancanza di
        fondi, ma principalmente per mancanza di idee, reali
        volontà operative e scontro di interessi, perché lo sta-
        bile faceva gola alla speculazione edilizia. In tempi
        più vicini a noi si era pensato di restaurarlo e di de-
        stinarlo a casa dello studente considerando la den-
        sità delle strutture universitarie della zona, ma per
        molto tempo le parole sono rimaste parole.
        E il popolo c’ha pensato.
        La notte del 13 dicembre 2014, cittadini, abitanti del
        quartiere, associazioni politiche e culturali, riuniti in
        comitato operativo, hanno occupato lo stabile, da
        allora i suoi spazi sono diventati pubblici, sotto l’at-
        tenta sorveglianza dei protagonisti della coraggiosa
        operazione, che hanno dato vita a molteplici inizia-
        tive, organizzando eventi teatrali e musicali, mostre
        d’arte, ospitando artisti che hanno lasciato una te-
        stimonianza del loro passaggio.
        Santa Fede Liberata, questo è il nome che gli è stato
        dato, ha riacquistato la sua dignità ed è diventata un
        punto di aggregazione civile e sociale in un quartiere
        carente di tutto.
        Non passavo per quella stradina da anni e sono stato
        attratto dal portoncino aperto come non ricordavo
        di aver visto mai, una volta entrato mi sono ritrovato
        in una dimensione sconosciuta, combattiva ma se-
        rena, non ho potuto fare a meno di iniziare a fissare
        quel luogo e quei momenti, anche se le condizioni di
        luce erano pessime, ma, come sempre, a me interes-
        sava conservare la memoria di un incontro, la qua-
        lità tecnica poteva attendere. Era il maggio 2018.
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