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è vero che delle mille e più persone che, erano state portate fuori dalla Libia, una parte consistente era ancora lì perché i paesi europei si erano dichiarati disponibili ma poi non li avevano presi. Si era introdotto poi un meccanismo complesso, si facevano addirittura dei colloqui con gli immigrati per sceglierli. Venivano funzionari del Canada e facevano dei colloqui per verificare se l’immigrato era buono o no; se l’immigrato insospettiva un po’ perché era stato ad esempio troppo nell’esercito, non lo volevano. Questo è giusto e comprensibile, ma sembrava una scelta al mercato. Una delle cose più belle dell’esperienza è che al porto c’era un gruppo di ragazzi eritrei ben vestiti che si preparavano a partire per Parigi proprio sulla base di uno di questi accordi. Era molto difficile farli uscire dalla Libia, bisognava aver qualcuno che trattasse con coloro che gestivano i Lager, cosa deprecabile e difficile, e fare accordi su chi far uscire, andando a creare meccanismi di collusione, criticati da molti.
Eppure qualcosa si può fare, anche la politica ha fatto qualcosa: su quella banchina c’erano trenta ragazzi che stavano per partire per una vita nuova senza passare dal rischio di morire. La politica può fare quindi qualcosa, ma la politica ha fatto così poco. Non sto elogiando quel meccanismo difficile che può funzionare o no, però il segnale che ci dà è che c’erano quei trenta ragazzi che sarebbero potuti annegare. Era quindi una ricchezza per Parigi, che era la loro meta, ma anche una ricchezza per quei ragazzi che erano salvi. Mi fa rabbia il fatto che per tutti sembra impossibile salvare queste persone; per fare qualcosa viene sempre in mente che bisogna liberarsi di almeno due/tre miti che abbiamo. Quando si sentono queste notizie, c’è sempre quello buono che dice: <<Non possiamo prenderli tutti?>>. Allora il primo mito di cui
bisogna liberarsi è il mito del numero giusto: c’è un numero giusto, ovvero il numero di persone che si possono integrare, e c’è un numero che non è giusto e quelli non li possiamo prendere. Qual è il numero giusto? Quanti sono oggi gli immigrati? Tre milioni e settecentomila. Quanti erano cinque anni fa prima che iniziasse il lassismo della politica? Erano tre milioni e settecentomila. Sembrava che fossero entrati tutti, come se ci fosse stata una grande invasione. Invece c’è un aumento minuscolo di questi tre milioni e settecentomila, c’è una percentuale che ha il permesso per lavorare, ci sono i soggiornanti di lungo periodo, quelli che hanno un permesso a tempo indeterminato, quindi che non devono andare continuamente in questura per rinnovare i permessi, possono diventare pubblici dipendenti, non possono essere espulsi e vivono più sereni, in attesa magari di arrivare alla cittadinanza. Ci sono poi coloro che chiedono protezione internazionale. Quando viene chiesto il numero di immigrati che ha un permesso a tempo indeterminato, tutti dicono 10%/15% perché tutti pensano che il grosso sia fatto o dai richiedenti asilo o da persone che sono qua precariamente, che hanno il loro permesso ma tra un anno magari non ci sono più. Ma non è così, il 65% dei residenti in Italia hanno il permesso di lungo periodo, cioè vuol dire che la maggior parte degli immigrati sono qui stabilmente, con un progetto di vita con noi, è su quello quindi che dobbiamo ragionare. Quindi non dobbiamo partire dalla domanda: <<Quanti ne possiamo accogliere?>>. La parola “accogliere” significa dare ad esempio un posto per dormire per un determinato periodo di tempo. Quindi questi tre milioni e settecentomila non sono accolti, ma sono qui a far la loro vita come noi. L’accolto è quello per cui ci sacrifichiamo in vista di un principio superiore ovvero che tu hai bisogno di restare qui perché altrove non puoi stare,
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