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e per poterti tenere qui ci si mettono anche dei soldi, ma quanti sono oggi quelli che sono nel sistema di accoglienza, dei quali veramente si può dire che sono accolti e che quindi ricevono qualcosa; sono 100/150 mila persone su 3 milioni e settecento.
Questo è il quadro che va tenuto presente, cioè che con una grandissima parte di persone bisogna discutere pari pari, perché sono qui con una funzione del tutto diversa, c’è una piccola parte di persone su cui bisogna ragionare e ragionando non possiamo dare un numero giusto perché non esiste. Il numero giusto dipende dalle politiche sociali che vengono fatte dai paesi. Coloro che hanno un permesso a tempo indeterminato è l’8% dei cittadini italiani; a Venegono c’è il 5% e quindi vuol dire che di posti liberi ce ne sono, a Varese anche, si è sotto la media nazionale. A Rosarno la percentuale di stranieri è del 5%, e tutti pensano che gli altri siano irregolari. Invece no, gli altri sono lì che lavorano, sono regolari. Quindi non sono accolti, perché raccolgono, per esempio, i pomodori per noi; allora il numero giusto dipende dalle politiche sociali che facciamo. È chiaro che ci sono comuni come Milano e Bergamo che sono al 30%, ma è ovvio che dipende da comune a comune: se ci sono poche case popolari, gli stranieri più poveri sicuramente faranno domanda per le case popolari e si crea un conflitto di cui spesso si parla tra le fasce povere della popolazione, ma il problema non è il numero di stranieri, il problema è il numero di case popolari. Quindi è a seconda della politica sociale che decidiamo quante sono le persone che possono stare con noi. Anche sui rifugiati bisognerebbe fare una riflessione: sui dati della presenza di rifugiati politici in Europa, uno pensa che siano tutti in Italia, ma non è così. In Turchia ogni mille abitanti, 44 sono rifugiati; in Svezia ogni mille sono 24, a Malta 17, in Italia 3,1,
allora non possiamo dire che siamo invasi dai rifugiati. È giustissimo che si discuta sulla distribuzione dei rifugiati, ma facendo una piccola verifica sulla distribuzione degli immigranti bloccati in mare, in attesa che si faccia un accordo. A Pozzallo, uno degli sbarchi più vecchi monitorati dalla marina militare italiana, erano 120, ne sino rimasti 80 e gli altri sono stati irreperibili: 20 sono andati alla Francia e tutto si è fermato, in realtà ne doveva prendere metà l’Europa.
Sono questioni complicate, perché magari la Germania prende l’incarico di portare nel suo paese dieci immigrati, ma devono fare i colloqui per decidere se vanno bene o no.
L’altro mito da cui bisogna staccarsi è l’idea della legalità. Si ha una strana idea della legalità; più il diritto sale verso i sommi capi più ci sembra una cosa di principio. Quindi, per farla in concreto, se una persona ruba al supermercato, non c’è dubbio che vada arrestata perché è un atto illegale; però, se pensiamo, ad esempio, alla convenzione di Ginevra che dice: <<Nessuno può essere mandato in luoghi dove si è sottoposti ad un trattamento disumano e degradante>>, allora lì c’è una serie di complicazioni. Dovremmo riuscire a dire che quelle norme che il mondo si è dato a livello internazionale per garantire un rapporto umano più stretto sono proprio quelle norme che ci hanno garantito anni di pace per evitare la terza guerra mondiale; sono proprio le norme fatte dal mondo che hanno permesso di avere un secolo di stabilità. L’idea è di mettersi d’accordo su principi minimi che non dipendono dagli stati ma dipendono da noi tutti insieme; quelle norme valgono molto di più del divieto di rubare al supermercato.
Bisogna allora prendere consapevolezza che quelle persone non si possono riportare in Libia. Nel nuovo governo che si basa
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