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inizialmente si pensava a una abolizione e a una sostituzione con un permesso di soggiorno di un anno per motivi civili o di calamità naturali nei paesi di origine. Poi si è optato per un “procedimento immediato innanzi alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale”.
· Trattenimento nei centri per il rimpatrio: raddoppiati i tempi da un massimo di 90 giorni a 180.
· Revoca della cittadinanza: se una persona viene ritenuta un possibile pericolo per lo Stato, potrebbe scattare la revoca della cittadinanza in caso di condanna in via definitiva per reati legati al terrorismo.
· Patrocinio gratuito: niente patrocinio gratuito per un migrante se il suo ricorso contro il rifiuto della protezione umanitaria viene dichiarato inammissibile.
· Fondi per i rimpatri: stanziati 500.000 euro per il 2018, 1,5 milioni per il 2019 e 500.000 euro per il 2020.
· SPRAR: i piccoli centri che ospitano i migranti non potranno più accogliere i richiedenti asilo, ma soltanto minori non accompagnati e chi ha già ricevuto la protezione internazionale.
In seguito è stato anche approvato il Decreto Sicurezza Bis, che ha inserito altri provvedimenti contro l’immigrazione, aumentando le multe per le ONG che violano i divieti di ingresso nelle acque territoriali italiane.
La giornalista Milena Gabanelli ha compiuto un’analisi molto razionale della situazione, sostenendo che la soluzione ai problemi di gestione dei tanti migranti che arrivano in Italia sarebbe quella di utilizzare gli spazi pubblici in disuso come gli ex ospedali, i
resort sequestrati alle mafie e le ex caserme, invece di pagare più di un miliardo di euro l’anno in affitti di alberghi o strutture varie. Ce ne sono centinaia in tutta Italia, alcune sono già agibili e altre si possono sistemare con procedure d’urgenza; sono spazi enormi destinati a possibili alloggi, asili per i bambini e aule per i corsi di lingua e formazione per otto ore al giorno con obbligo di frequenza. In questi luoghi la permanenza dovrebbe essere di sei mesi, al termine dei quali si esce con uno status e un curriculum in mano, con la certificazione del titolo di studio conseguito e del mestiere che si sa fare. Successivamente i migranti dovrebbero essere spartiti in piccoli gruppi nei comuni sparsi sul territorio, nei famosi SPRAR. Un sistema come questo porterebbe, tra l’altro, più lavoro in Italia poiché implicherebbe l’assunzione di migliaia di professionisti tra insegnanti, formatori, medici, psicologi, personale dedicato all’identificazione e qualche magistrato.
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