Page 6 - Dossier modello A2.0
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Premesse
I servizi ambientali hanno compiuto grandi cambiamenti nel corso dell’ultimo trentennio, in Italia come in Europa. Da attività finalizzata a rimuovere e smaltire i rifiuti, si è trasformata in governo di servizi e di flussi che, in percentuali sempre maggiori, vengono incanalati in nuovi percorsi per favorirne il recupero, sotto forma di materia o di energia, lasciando sempre meno spazio allo smaltimento finale in discarica.
Questo dovrebbe, almeno in teoria, essere il fine. La situazione italiana lascia in realtà piuttosto perplessi rispetto ai percorsi indicati dall’Unione Europea e finalizzati a raggiungere l’obiettivo “discarica zero”. Se si guarda al Paese nel suo insieme, siamo indietro sia rispetto alle condizioni degli altri Stati europei, sia rispetto agli obiettivi che ci si era posti ormai 16 anni fa con la riforma introdotta dal decreto Ronchi (d.lgs. n. 22/1997), mentre per specifiche realtà, in particolare nel Nord, si osservano casi di eccellenza paragonabili alle best practice europee.
Che il ciclo integrato dei rifiuti italiano sia lontano dal raggiungere livelli di efficienza è piuttosto evidente, eppure si tratta di un settore fortemente interconnesso con i mercati esteri, che, se opportunamente valorizzato, potrebbe rappresentare un volano di competitività per l’intero sistema Paese. Interriamo rifiuti in un Paese la cui risorsa più scarsa è il territorio e non li usiamo per recuperare energia quando da sempre siamo uno Stato con significativi problemi di dipendenza energetica dall’estero. Una revisione della strategia nazionale è evidentemente auspicabile e urgente.
In Italia si producono annualmente circa 170 milioni di tonnellate di rifiuti, tra urbani, speciali e pericolosi. Il nostro Paese si è inoltre differenziato dal resto dell’Unione Europea per non aver saputo interrompere il binomio crescita produttiva/generazione di rifiuti (c.d. decoupling), continuando a registrare un incremento della produzione di rifiuti all’aumentare del PIL, con un rallentamento solo negli anni di crisi economica; in Germania, nei Paesi Bassi, in Svezia questo risultato è stato raggiunto più di 10 anni fa.
Nel modello italiano la discarica rappresenta ancora una modalità di smaltimento molto diffusa; i rifiuti vengono interrati nel 49,2% dei casi, rispetto a una media europea del 37,2%.
A fronte di ciò l’Italia si colloca invece ai vertici delle classifiche europee del riciclo, sebbene non sia fra i Paesi più virtuosi quanto a capacità di raccolta differenziata, soprattutto grazie alla rilevanza della componente di riciclo legata ai rifiuti pre- consumo, ossia gli scarti industriali. Il riciclo è dunque un punto di forza della filiera dei rifiuti, rappresentando la componente più significativa del comparto in termini sia di imprese (il 51% delle imprese del settore è attivo nel riciclo), sia di valore della produzione (oltre un terzo del totale). I vincoli all’espansione di questo settore sono tuttavia rappresentati da una dotazione impiantistica ancora non adeguata e rispetto
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