Page 7 - Dossier modello A2.0
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alla quale si fatica a trovare i finanziamenti necessari, difficoltà che accomuna il settore del riciclo a quello del waste to energy.
L’insufficiente dotazione impiantistica, distribuita peraltro sul territorio in modo poco uniforme, si può attribuire alla carente programmazione generale, che vede negli anni una distribuzione della spesa per investimenti che sembra aver assecondato la disomogenea dotazione infrastrutturale esistente, anziché contrastarla; si è infatti investito meno proprio nelle Regioni con la maggior carenza impiantistica. Questo squilibrio è frutto di una diversa capacità di investimento dei territori, legata in parte anche al differente assetto gestionale. Al Sud prevalgono infatti ancora le piccole imprese e le gestioni in economia, che hanno mostrato una minor capacità di investire, soprattutto da un punto di vista qualitativo. Gli investimenti che rendono di più in termini di impatto sulla quantità e sulla qualità della dotazione impiantistica sono stati infatti quelli realizzati dal sistema imprenditoriale, piuttosto che dagli Enti locali e tra gli investimenti realizzati dal sistema imprenditoriale quelli più significativi sono stati effettuati dalle realtà aziendali più grandi.
Del resto, il tema della differenziazione territoriale riguarda un po’ tutti gli aspetti della gestione del ciclo dei rifiuti, che presenta caratteristiche e performance anche profondamente diverse tra una Regione e l’altra, sia in termini di produzione e trattamento, sia per struttura imprenditoriale, sia infine in riferimento alle scelte di governance effettuate. Rimanendo a livello di macro aree, si può tracciare un sintetico profilo che vede il Nord Est caratterizzato dalla presenza di multiutility, da un basso conferimento in discarica e da livelli marcati di raccolta differenziata; il Nord Ovest e il Centro, con alcune eccezioni (Lazio e Liguria su tutte), contraddistinti da una significativa presenza di impianti di trattamento e percentuali di smaltimento in discarica più basse della media europea. Infine il Sud caratterizzato dalla diffusione di piccole imprese, spesso concentrate solo nella fase della raccolta, con una bassa capacità di investimento, determinata da una domanda di gestione non qualificata e molto frammentata. Inoltre, pur in presenza di percentuali poco rilevanti di raccolta differenziata, a eccezione di alcune realtà comunali virtuose, il Mezzogiorno registra costi del servizio significativamente più alti della media.
Con riferimento all’assetto gestionale, il comparto dei rifiuti in Italia si caratterizza per un diffuso “nanismo” imprenditoriale, fatte salve le differenze territoriali evidenziate. Questo elemento non può non influire sull’efficienza generale, visto che le imprese più grandi e integrate sono anche quelle che si caratterizzano per le migliori performance e per una maggiore capacità di realizzare investimenti, con qualità spesso più elevata, oltre a essere più attrattive per il sistema finanziario.
Le imprese del settore dei rifiuti hanno mostrato nel corso del decennio appena trascorso andamenti dei margini di redditività e di bilancio sempre piuttosto positivi; del resto, eccettuate alcune imprese proprietarie solamente di impianti, si tratta di fatto di aziende di fornitura di servizi continuativi, con corrispettivi regolati da contratto di servizio. Sono infatti finanziate dalla tariffa che per prescrizione normativa dovrebbe coprire interamente i costi di gestione e di investimento sulla base del principio del full
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