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: l’industria
               2.  ‘Mpedi‘ i cievuzi
                      roggianese attraverso i toponimi



            Prima  dell’unificazione  d’Italia,  Roggiano  aveva  una  struttura  pressoché
            feudale. I proprietari terrieri erano i signori locali o i membri del clero, per
            cui lo sviluppo dell’industria è circoscritto quasi totalmente al settore
            dell’agricoltura in cui erano impiegati la maggior parte dei cittadini. I mestieri
            venivano impartiti di padre in  figlio, facendo sì che intere famiglie si
            specializzassero in un’attività specifica.


            Con l’annessione della Calabria al Regno d’Italia, il quadro politico nei vari
            paesi  della  regione  mutò  profondamente.  Al  notabilato  si  sostituirono le
            forze più fresche e l’identità sociale dei comuni cambiò.
            A Roggiano la Primavera dei popoli, conosciuta anche come rivoluzione del
            1848 e i moti del 1851 crearono un fronte monolitico, dove convivevano le
            anime risorgimentali: i liberali, i moderati ed i democratici.


            Nel  1864  il  sindaco  era  Giuseppe  Maria  Graniti,  affiancato  da  Federico
            Balsano, giovane avvocato, distintosi nelle note vicende della rivolta.
            L’apporto  di  Federico  e  indirettamente  di  suo  fratello  Don  Ferdinando
            Balsano, all’amministrazione della città fu notevole. I Balsano cercarono di
            dare vigore alla devozione che il popolo aveva per Gian Vincenzo Gravina
            con iniziative di alto livello. Basti pensare che il consiglio comunale il 12
            marzo, su proposta di Federico Balsano, vicesindaco, all’unanimità decise
            di  aggiungere  al  nome  Roggiano  anche  Gravina,  in  onore  del  grande
            giureconsulto ed il 3 maggio successivo il  consiglio comunale stabilì  di
            concorrere alla spesa per la costruzione del monumento di Dante Alighieri
            in Firenze; stanziò una discreta somma di denaro e decise che Don
            Ferdinando, studioso profondo del Gravina, componesse uno scritto in cui
            dimostrasse il giudizio e la considerazione che il Gravina aveva avuto nei
            confronti di Dante, da  spedirsi alla commissione incaricata di erigere il
            monumento.




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