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sivo, quello che ritroviamo ora lungo lo scosceso percorso delle sette Sinfonie, tracciato oltre- modo sibillino in cui si condensa lo stesso destino del composito- re, con l’incredibile stacco tra la giovanile sortita della «Sinfonia Classica» e la pacificata «Setti- ma» che fu presentata al pub- blico di Mosca nell’ottobre del 1952, cinque mesi prima della morte di Prokofiev avvenuta, ul- tima beffa, lo stesso giorno della morte di Stalin. Ricordo la com- mossa evocazione che mi fece Lazar Berman quando, con l’en-
tusiasmo procuratogli dallo stu- dio dell’«Ottava Sonata» si recò a rendere omaggio al defunto e si trovò tutto solo, nell’abitazione deserta, dinanzi alla salma; tutta la gente era corsa alla Sala delle Colonne dove era esposto il ca- davere di Stalin.
La «Settima» che conclude il travagliato itinerario sinfonico può essere vista come la chiusura di quel cerchio che nato tra il fer- vore avanguardistico della «Clas- sica» e della ferrigna «Seconda» era andato sciogliendosi con la «Terza» e la «Quarta» verso una
Compositore Sergej Prokofiev.
II Domani alle 17 si terrà allo Csac di Parma la conferenza di Ugo La Pietra «L’immagine del- la città».
L’artista, designer, architetto e ricercatore nella grande area dei sistemi di comunicazione parle- rà del suo lavoro a partire dalla serie fotografica omonima, rea- lizzata nel 1977, donata allo Csac e attualmente esposta all’inter- no della mostra «Objets trouvés. Archivi per un grande magazzi-
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II «Aida» e le tre curiosità parmigiane. Il genio di Verdi che trae da un grido «mu- sicale» di strada il motivo cantato dai sa- cerdoti; lo spettatore reggiano deluso che ottiene il rimborso addirittura da Ver- di stesso. Il famoso, famigerato rimpro- vero del loggione del Regio in disappro- vazione di Carlo Bergonzi: «Grande te- nore verdiano che miracolosamente rie- sce ad eseguire il sibemolle secondo l’in- dicazione di Verdi», racconta Riccardo Muti: «Cioè pianissimo e morendo. Una meraviglia. Risultato? Gelo, dissensi e uno che gli grida ‘Taioli!’, intendendo sbeffeggiarlo paragonandolo a un peral- tro bravo cantante popolare. E quando Bergonzi gli mostra la parte scritta dal compositore, lo sciagurato risponde: ‘Al- lora s’è sbagliato pure Verdi!’. Questo perché parte del pubblico, diseducato da esecuzioni volgari, vuole l’acuto lungo e roboante».
Muti sarcastico commenta in cameri- no: «Bergonzi e Taioli avrebbero avuto tutte le ragioni per costituirsi parte lesa contro il loggionista screanzato».
Verdi, le magie di Verdi che come diceva Bruno Barilli è capace di trovare l’oriente anche in un cocomero nostrano. Anni pri- ma di «Aida» a Parma (1872), Giuseppe Verdi è a passeggio in centro insieme a Giuseppina Strepponi quando sente il ri- petuto richiamo di un merciaio, un rigat-
«Aida», tre curiosità parmigiane
Quando il Cigno rimborsò lo spettatore deluso
CON L’ORCHESTRA DI SYDNEY
più naturale espressività: poi il forte impatto con la “grande for- ma” della «Quinta», letta dai più come canto di liberazione dalle sofferenze della guerra, in realtà cumulo di quel disagio che sareb- be reso sensibile dalla cupezza della «Sesta», messa subito al bando dal Comitato Centrale del partito per la sua appartenenza “alla scuola formalistica e antipo- polare”. Fino a che punto la «Set- tima» rappresenti la testimo- nianza ripiegata di un’autocritica lo si può scorgere in quella «coda» del finale che alcuni membri del- l’Unione Compositori chiesero a Prokofiev, dopo la prova generale, per concludere nel segno di un ottimismo che la visione originale rendeva ambivalente.u g.p.m.
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ALLO CSAC
azy e le Sinfonie di Prokofiev
«L'immagine con Ugo La Pie
tiere ambulante: si ferma, estrae un tac- cuino, traccia un rapido pentagramma e vi annota qualcosa. Secondo un’altra ver- sione, risuona invece la insistita invoca- zione cantilenante di un certo Paita, ven- ditore di pere cotte, ripetente fino allo sfinimento il supplice ritornello «Bojent i pér còtt, bojééént» .
Ed ecco che «Aida» arriva a Parma, la città è in fermento, l’opera scritta da Ver- di per il Pascià del Cairo ha avuto un’eco mondiale. In platea siede il melofilo par- migiano che quel giorno aveva assistito all’interesse del compositore per la si- nuosa perorazione peracottara del ven- ditore.
E stupefatto ritrova l’ostinata nenia del Paita diventata nientemeno che il motivo delle sacerdotesse all’inizio del terzo at- to, sulle parole «O tu che sei di Osiri- de...».
«Aida» ha un successo immenso: «Ver- di viene chiamato al proscenio venti vol- te, la città gli fa dono di uno scettro d’oro, il Genio bussetano è idolatrato». Certo non da Prospero Bertani, abitante a Reg- gio in via San Domenico 5, le gesta del quale Riccardo Muti ripercorre in una meticolosa e divertente rilettura dell’e- pisodio. Il Bertani parte da Reggio in treno per Parma, assiste alla prima, non gli pia- ce per niente ma, ascoltati gli sperticati elogi dei compagni del notturno viaggio di ritorno, decide di riprovare: torna a una replica, ma non cambia parere. Sicché scrive direttamente a Verdi, lamenta d’a- ver speso 31,80 lire tra ferrovia, biglietti e cena (pessima! Alla stazione), d’esser turbato dagli spettri del pentimento di «figlio di famiglia» per aver dilapidato una bella cifretta: ed esige riparazione immediata.
«Vogliate rimettermi tale somma», scrive con tono intimatorio: «E dovete re- stituirmela tosto». La cosa tocca le corde umoristiche del Genio. Ed ecco che Verdi incarica l’editore Ricordi di provvedere al rimborso della spesa al deluso spetta- tore: tranne il costo del pasto, ché, iro- nizza Peppino al colmo della celia, «... po- teva ben cenare a casa sua!»; e alla con- dizione che il Bertani firmi un’obbligazio- ne scritta nella quale si impegni «a non andare più a sentire mie opere nuove».
E in data 25 maggio 1872 l’ostinato reg- giano rilascia ricevuta dell’incasso di lire 27,80 dichiarando in aggiunta e concam- bio: «Non mi recherò più a sentire opere nuove del Maestro Giuseppe Verdi, a me- no che assuma a mio carico la spesa re- lativa, qualunque possa essere il mio giu- dizio. In fede Bertani Prospero».u v.t.
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