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EDITORIALE
Automobile elettrica, il futuro è già qui
u Aldo Tagliaferro u
Qualcosa sta cambiando cambiano drammaticamente.
nel mondo. E più rapi-
damente di quanto cre- diamo. Dal Salone dell'auto di
Francoforte (che si apre oggi do- po due giorni dedicati agli ad- detti ai lavori) arriva un segnale forte e chiaro: il futuro dell'auto sarà inequivocabilmente elettri- co. Non oggi, non domani, ma il 2030 - l'anno da molti visto come spartiacque - è dietro l'angolo in termini industriali.
Lo promettono i colossi tedeschi, non nicchie come Tesla: Volkswa- gendaquia8anniavrà50mo- delli elettrici e punta a 3 milioni di vetture a batterie all'anno per il 2030, Bmw elettrifica la Mini e ha pronta una berlina zero emissioni da 600 km di autonomia, Merce- des addirittura già nel 2020 tra- sformerà il brand Smart in puro elettrico. Parliamo di milioni di veicoli e soprattutto di un indotto gigantesco che coinvolge mecca- nica, elettronica, componentisti- ca ed energia, praticamente il cuore pulsante dell'economia. Per questo il cambiamento è epocale. Le ragioni di una sterzata annun- ciata da anni ma sempre riman- data forse perché i combustibili fossili sono tutt'altro che agli sgoccioli (peseranno non meno del 30% ancora nel 2040) sono di- verse oltre all'ovvia lotta alla glo- bal pollution. In primo luogo l'in- dustria tedesca - sotto accusa per il presunto “cartello” su strategie e tecnologie - ha bisogno di fis- sare nuovi target e ripulire l'im- magine, già infangata dal Diesel- gate, che peraltro resta un caso aperto. Ma ben più importante è un altro fattore: la Cina ha ap- pena annunciato che bandirà l'u- tilizzo dei motori a scoppio (sia diesel che benzina) in un futuro per ora imprecisato ma evidente- mente non troppo lontano. Lon- dra e Parigi avevano già sancito la fine prossima di diesel e benzina per il 2040, ma se ora il primo mercato mondiale prospetta un futuro elettrico allora le cose
La Cina produce 28 milioni di vei- coli, un terzo di quelli mondiali, e brucia circa la metà del carbone sul pianeta (+4% le emissioni nei primi sei mesi dell'anno): ha bi- sogno di fermare l'inquinamento prima che sia troppo tardi, e non importa se già detiene il primato delle elettriche, la bellezza di 507mila nel 2016. Per noi l'effetto collaterale non è trascurabile: la corsa al Dragone pulito rischia un altro travaso di know-how tecno- logico dal mondo occidentale a quello cinese, ma tutto sommato questa è un'altra storia.
E' chiaro che in uno scenario nel quale Donald Trump resta insen- sibile agli accordi per la riduzio- ne delle emissioni (per le quali la mobilità è responsabile solo in minima parte rispetto all'indu- stria, al trasporto su nave, ai si- stemi di riscaldamento...) l'auto elettrica da sola può fare poco in termini di qualità dell'aria anche perché deve vincere la sfida della produzione di energia car- bon-free. Però può cambiare molte cose a livello industriale ed economico in quanto la mobilità del futuro ha bisogno di un'azio- ne sinergica fra tre attori: la po- litica, la ricerca industriale e la produzione di energia. Il rischio per l'Italia è di essere molto in- dietro su tutti e tre i fronti: il pragmatismo sornione di Mar- chionne ha lasciato alla finestra Fca (assente a Francoforte...) in attesa forse di un consolidamen- to del settore prima di investire nell'elettrico, mentre le nostre in- frastrutture sono deficitarie per- ché in Parlamento ci si accapiglia su altre questioni. Ma quando fra vent'anni tedeschi, olandesi o norvegesi cercheranno una meta per le vacanze con l'auto elettrica andranno dove ci saranno colon- nine e parcheggi per accoglierli. Con buona pace per la nostra ve- ra ricchezza: il turismo. u atagliaferro@gazzettadiparma.net
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L'INTERVISTA
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GIOVEDÌ
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