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 Presentazione
È il backstage della politica calabrese degli ultimi trent’anni.
Attilio Sabato rende vero il verosimile, provato il sospet- to, posto il supposto. S’infrange il cristallo tra il popolo e i suoi rappresentanti e si percepisce l’ossificazione del nulla, le idee svaniscono su gambe che rincorrono un potere senza funzione, senza perché, che non sia quello del risultato perso- nale. Non una frase che ricordi vagamente il bene comune o una lotta per l’interesse generale, nulla di nulla. Il re è nudo. Ma ciò che è nudo non è il politico, è la politica nella sua crisi conclamata. Dietro enunciati roboanti che scomodano le ca- tegorie più elevate dello spirito, il vuoto. Le azioni, i riscatti, le rivendicazione cedono agli intrighi, alle astuzie, camarille, miserie umane, trionfi e sconfitte di cartapesta. Sullo sfondo il popolo. Osservatore ignaro persino dei suoi bisogni, aspet- tative, desideri, affetti. L’apoteosi dell’egoismo. Un sistema individuocratico in luogo del democratico annunciato. Qual- che esempio, insegnamento o parvenza di probità e un’in- terminabile replica di indifferenza che sospinge il popolo nella sfiducia verso il prossimo e lo fa ripiegare nella ricerca dell’ego più istintuale. Il substrato sempre più emergente del «fatti li cazzi tua» di razziana memoria, volgarità elevata a filosofia di vita che mette al riparo l’individuo dalla respon- sabilità sociale, negata nella sua ragion d’essere.
Il racconto, un affresco drammatico e comico insieme. È il tramonto dell’homo politicus aristotelico e il tripudio di quello machiavellico. Il protagonismo politico alla ricerca
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