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Mattia Casula
Riflessioni sulla governance dei fondi strutturali in Italia*
1. Introduzione
Nel corso di queste giornate di studio il tema del ritardo del Mezzogiorno rispetto alle altre regioni italiane ed europee è sta- to affrontato in diverse occasioni e con molteplici prospettive di analisi. Ciononostante, si è convenuto in maniera pressoché univoca sull’opinione secondo cui le ragioni di tale ritardo non possano essere ricondotte a un unico motivo. Piuttosto, una pluralità di fattori, tra loro connessi, contribuirebbe a spiegare lo storico gap. Questo capitolo si soffermerà ad analizzare uno di questi fattori, ossia le soluzioni istituzionali adottate in Italia per la gestione dei fondi strutturali a seguito della riforma della politica regionale europea del 1988 e il conseguente sistema di governance elaborato nel nostro Paese.
Come è noto, l’Italia è stata una dei maggiori beneficiari dei fondi comunitari fin dal ciclo di programmazione 1989- 1993, presentando ben 8 regioni (Abruzzo, Basilicata, Ca- labria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia) tra le cosiddette regioni Obiettivo 1, ossia quelle con un PIL pro capite inferiore al 75% della media comunitaria. Una simile situazione di sottosviluppo era comunque presente in nume- rose periferie d’Europa. Ad esempio, questo è stato il caso di ben 13 delle 17 Comunidades spagnole, oltre che dell’intero territorio nazionale irlandese, greco e portoghese. Mentre
*. La presente relazione è frutto del lavoro di ricerca per la dissertazione finale del dottorato di ricerca, tuttora in corso, come richiestomi dagli organizzatori delle giornate di studio.





























































































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