Page 37 - FlopArt magazine
P. 37

da sfortunati privi delle braccia che si arrabattavano a tenere i pennelli con la bocca o i piedi. Ani K (un simpatico- ne dalla faccia non troppo intelligente originario del Kerala) le braccia le ha, ma ha deciso di dipingere con la lin- gua. Non solo, per miscelare i colori utilizza il palato come fosse una tavo- lozza. Un caso in cui davvero non si capisce il senso dell’operazione. Un voto religioso? Masochismo? Stupidità? Non saprei, ma è come se, vedendoci benissimo, decidessi di guidare l’auto- mobile bendato. Forse la verità è che i quadri sono talmente brutti che non
avrebbe avuto altre alternative per far parlare di sé. Cialtrone. Han Xiaoming: Altro virtuoso della lingua. Meno stu- pido di Ani K, usa coloranti alimenta- ri, ispirato – dice lui – dall’antica arte cinese che implica l’uso di zucchero sciolto per creare draghi, uccelli e al- tri animali tipici dell’iconogra a orien- tale. È convinto che la lingua, se usata correttamente, può creare un tratto unico e una connessione molto più in- tima tra l’artista e il soggetto. Un tipo originale, che ha sperimentato anche la pittura attraverso l’utilizzo di pesci vivi (per la gioia degli ambientalisti) che intinge nel colore e appoggia sulla tela a mo’ di timbro. Naturalmente, dopo aver assolto al proprio compito, il pe- sce viene lavato e rimesso in acquario. Cialtrone. Alexa Meade: lei non utilizza parti anatomiche o strumenti bizzarri, ma direttamente il corpo altrui,
che trasforma in quadri viventi dall’aspetto impressionista. Per
essere brava è brava, oltre che
carina, tanto che Desigual l’ha
scelta per realizzare una del-
le sue campagne. Ma anche
in questo caso la domanda è: perché? Come faccio per avere
una sua opera? Mi porto a casa direttamente il modello, che è soggetto e oggetto allo stesso tempo? Come classi carla? Body art, performance? Di sicuro non è una cial- trona, ha por tato la body painting a un gradino superiore e per questo è sicu- ramente una sperimentatrice. Bert van Polanen Petel: un ex pugile olandese di scarse fortune che prende a botte l’arte. In pratica non fa che avvolgere la tela a un sacco da boxe e, dopo aver intinto i guantoni nel colore, lo picchia
selvaggiamente.Va bene che il pugilato necessita di intelligenza e forse anche un poco di creatività, però sono per- plesso. È lo stesso effetto delle palle da tennis della Navratilova.Tanto che viene da chiedersi: conta più il sogget- to, il modo o l’autore? Il risultato è na- turalmente astratto, alcune volte quasi piacevole. Forse è meglio così, piutto- sto che ritrovarsi un esattore crediti dalle mani pesanti. Cialtrone? Keith Bo-
adwee: verrebbe da dire che ognuno utilizza il meglio di sé per esprimere la propria arte. In questo caso si vede che ciò che Keith considera la sua par- te migliore è il buco del culo, il che la dice lunga sul valore del resto. Lo am- metto, ho giocato sporco, ma la ten- tazione era irresistibile. Insomma, dalla Merda d’Artista (ammesso che fosse sua) di Piero Manzoni, che comunque un signi cato l’aveva, alla merda colo- rata di Keith Boadwee che un signi ca- to proprio non ce l’ha. Il buco del culo, ma non solo, visto che si diletta anche con il lato A incoronato ad arte per il solo fatto di esistere, non conside- rando allora che i bagni di alcuni Au- togrill italiani devono essere frequen- tati da artisti raf natissimi. D’altronde Boadwee ha lavorato a lungo insieme a Paul McCarthy (da non confondere
con l’ex Beatle) famoso per le sue enormi installazioni di merde gon abili. Ma sono io il tonto, visto che Boadwee ha esposto alla Biennale di Venezia e in varie personali negli Stati Uniti, dove viene de nito un “azionista” o post modernista. Per quanto mi riguarda, rimane comunque un cialtrone idiota.
di Davide Lopopolo (fonte: http://www.spettakolo.it)
43





















































































   35   36   37   38   39