Page 43 - L'INVENZIONE DEL BUIO
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Io - La stratificazione non deve farci paura. Io ero ingegnere,
ma la mia passione è sempre stata l’architettura. Vedi qui
per esempio: sulle vestigia classiche si sono sovrapposti
il romanico, il barocco, poi sono sorti i borghi
ottocenteschi, è sbocciato il liberty… Ogni epoca porta
con sé la sua firma stilistica. E la bellezza non è mai avara
di mezzi nel perseguire il suo scopo supremo. Le epoche
si succedono come violente mareggiate. Per fortuna c’è
una mano pronta a raccogliere quello che le tempeste
lasciano a riva. Tutti questi frutti inaspettati sono ciò che
di solito chiamiamo arte. E la bellezza, in fondo, è un
paziente archivista che sistema nei suoi mirabili scaffali i
documenti del genio umano…
Lui - Guarda, lì c’è un passaggio!
Io - Dove? Aspetta, seguiamo la navata centrale. Il problema
è che, insieme alle cose belle, che sono sempre necessarie,
arriva anche il superfluo. Le tempeste storiche rovesciano
sulla terra una massa informe di carcasse. Detriti che
s’infilano ovunque, che penetrano negli interstizi e alla
lunga infettano i tessuti sani della civiltà. Il pittoresco,
il cosiddetto colore locale, se non è estirpato per tempo,
cresce come un bubbone e finisce per soffocare la
bellezza, la vita stessa! Da questo punto di vista, forse
esagero, non so, ma credo che la catastrofe non sia solo
un fatto negativo. Potrebbe essere un rimedio al nostro
inarrestabile declino. Perché dovrà pur esserci una
ragione, se il mondo è andato fuori di sesto! Forse c’era
bisogno di una terapia di shock. Dolorosa, certo, quasi
mortale, ma forse era l’unico modo per ritrovare la retta
via…
Dove ti sei cacciato ancora?
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