Page 68 - L'INVENZIONE DEL BUIO
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Lui - L’idea è quella. Bisogna partire dal presupposto che non
c’è più un senso predominante che organizza in modo
gerarchico il rapporto tra i vari sensi, offrendo un piano
preformato di risposte agli stimoli esterni. Diciamo
che ogni stimolo è come una pallina che rotolando
innesca ogni volta un determinato concatenamento
sensoriale. Questo permette ovviamente di essere più
in sintonia con quello che ci circonda. Nell’interazione
con l’ambiente si sviluppa un nuovo regime sensoriale.
Più dinamico e complesso, pieno di sfumature inedite.
Per esempio non esiste il tatto, bensì una gamma di
tatti diversi, nati dall’incontro tra i singoli stimoli e i
concatenamenti sensoriali cui danno luogo.
Io - Ho notato che usi abbastanza il tatto.
Lui - In parte sì, hai ragione. È vero. Ma tieni conto che
quando parlo di tatto, o di olfatto, semplifico molto.
Uso questi termini in modo convenzionale. Per farmi
comprendere.
Io - E questa storia degli occhi? Non ho ancora capito se ci
vedi o no…
Lui - In realtà hai capito benissimo. Il problema sta tutto
qui. La nostra civiltà era fondata sulla vista, un po’
come la vostra d’altronde. Ci sono ancora umani
convinti che gli occhi siano lo specchio dell’anima? La
prova che l’uomo è stato creato da Dio?
Io - Penso di sì.
Lui - Tuttavia, nel nostro caso, le reiterate nozze tra i
supporti biologici e le tecnologie convergenti hanno
finito per oltrepassare il limite producendo risultati
inimmaginabili. Di nuovo è difficile da spiegare. Giusto
per farti capire: per noi la vista non era più un semplice
organo percettivo. Produceva le forme nel momento
stesso in cui le percepiva. Tipo le vostre stampanti 3D.
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