Page 11 - Menotti Bianchi
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voci maschili, un rimando alla severità della musica gregoriana. Divenne direttore per concorso della Banda Comunale di Bitonto, un’istituzione culturale di grande prestigio, nella quale formò tra gli altri Pasquale La Rotella. Divenuto quasi cieco, continuò ad essere un punto di riferimento per tutta la comunità, tanto che il lut- to per la sua dipartita avvenuta il 14 gennaio 1911, coinvolse tutta la cittadinanza e la Schola cantorum della Basilica di San Nicola di Bari diretta dall’affezionato Pasquale La Rotella che eseguì la Messa da Requiem. Viene raffigurato nella ca- ricatura n. 12 seduto a un banco con uno spartito davanti e circondato da note musicali, o nella n. 29 raffigurato all’interno di una campana di vetro forse perché di salute cagionevole, anche qui a occhi chiusi come se fosse concentrato solo sulla musica, o forse perché già accusava problemi alla vista.
N. 13
Menotti faceva anche denuncia sociale attraverso le sue irriverenti caricature, a volte più esplicita, a volte meno. In questa potente caricatura, Menotti raffigura una pila di libri del Catasto che schiacciano un considerevole numero di persone fino a farle sanguinare dalla bocca e dagli occhi, verosimilmente il popolo biton- tino schiacciato dalle tasse. Sui libri, incuranti della scena tragica che si svolge ai loro piedi, troneggiano due figure, probabilmente due funzionari o due politici bitontini.
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Francesco Ventafridda nacque a Bitonto nel 1844; sposò per amore la nobile ere- ditiera Gaetanella Rogadeo. Dopo aver completato gli studi in Lettere, apprese l’arte del disegno e della musica, realizzando anche piccole composizioni. Fu Sin- daco di Bitonto dal 30/9/1886 al 2/1/1889, Consigliere comunale e Presidente della Congregazione della Carità. Di animo compassionevole, fu vicino ai più sfortunati e bisognosi, oltre che un generoso filantropo, mecenate di letterati, poeti, musi- canti e pittori. La descrizione più poetica si ritrova nel volume dedicato ai Sindaci di Bitonto di Castellano e Muschitiello: “Con quel grosso viso su cui aleggiava con- tinuamente la severità del giusto, la franchezza vera del cavaliere senza macchia, la bontà di un animo privilegiato, con quel suo continuo riso sulle labbra, con que- gli occhi dai quali faceva sempre capolino la sublime grandezza di una coscienza intemerata egli spargeva d’intorno a piene mani l’effluvio di un celeste conforto, insinuava la fede nell’esistenza e misericordia di un essere infinito e sapiente, ri- avvicinava all’anima abbeverata di fede, la speranza che si era timidamente di- leguata, infondeva nei cuori il sentimento soave di adorazione per la virtù, che il feroce egoismo della società del progresso mette in ispregio e in non cale”.
Amò moltissimo la sua città e se ne prese cura, “prese parte attivissima nelle gare partigiane al solo scopo di migliorare le condizioni del proletariato, di far trionfare
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