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 so è alla base di una nuova sensibilità. Per gli autori del melo- dramma, i suoi versi sono più da cantare che da pronunciare, lo scioglimento della parola in musica avviene già nel testo, il poeta sembra provvedere i suoi versi di una melodia intrinseca che aspetta solo il completamente esterno delle note. Inoltre i musi- cisti sono sensibili al cangiante chiaroscuro della Gerusalemme li- berata che mescola gravità tragica e leggerezza. Quanto ai pittori alcuni episodi del poema indicano al meglio «in che modo rap- presentare gli ‘affetti’ e le passioni umane, essendo questa la parte per la quale la pittura più si assomiglia alla poesia»49.
Ma quale rapporto si istituisce tra moda musicale e iconogra- fia pittorica? Con ogni verosimiglianza l’immagine scelta inten- deva condensare il mito espresso nei versi di un poema o nella favola per musica: il pittore teneva presente lo svolgimento del ‘drama’ e coglieva un passaggio emblematico, la suggestione di un ‘canto’. E quale destinazione avevano poi questi dipinti? Or- navano con ogni verosimiglianza le sale dei palazzi dove si faceva musica. Al riguardo non può non rilevarsi che, mentre le opere di Carlo Francesco hanno un formato da stanza, Giuseppe dilata le scene, a evidenza in funzione di spazi architettonici dedicati. E non è l’unica differenza. Le esigenze del genere cambiavano seguendo il capriccio della moda, gli autori moderni riscrivevano miti e favole antiche con estrosa libertà rispetto alla tradizione, secondo i dettami di una sbrigliata fantasia, e il discorso amoro- so veniva piegato al codice sentimentale dell’attualità.
In tale aggiornamento, Giuseppe Nuvolone guarda al Mag- gi, al gusto del cenacolo borromaico e degli amanti del canto lombardi che a loro volta seguono gli spettacoli allestiti nei tea- tri di Venezia e dell’Europa. Così per le immagini ricordate del ciclo troiano, in particolare per la raffigurazione di Ippolita, il riferimento, suggerito da Silvia Colombo, è L’Ippolita reina del- le Amazoni di Pietro Andrea Ziani50, su testo di Giovanni Rab- bia (già creduto di Carlo Maria Maggi)51. Ma le Amazoni ven- gono portate in scena con magnificenza anche dal Pallavicino e rappresentano un mito celebrato dal teatro barocco52. Quan- to all’altra storia, di cui è traccia nella citata tavola, si può forse ipotizzare la connessione con un dramma musicato da Crespi su libretto di Aureli53. E la contesa delle dee di fronte a Paride, narrata nei Cypria, è argomento di un altro celebre spettacolo, Il pomo d’oro del 166854 e dell’opera La contesa delle tre dee di
49 M. GREGORI, “Ut pictura poesis”: rappresentazioni fiorentine della “Gerusa- lemme liberata” e della “Divina Commedia”, in «Paragone», XXXIV, 401-403 (1983), pp. 107-121, in part. p. 108.
50 Carlo Maria Maggi (in verità Giovanni Rabbia), Ippolita reina delle amazzo- ni, Milano 1670; opera composta in collaborazione con Lodovico Busca, atto I e Pietro Simone Agostini, atto II.
51 La scena della gloria. Drammaturgia e spettacolo a Milano in età spagnola, a cura di A. Cascetta e R. Carpani, Milano 1995.
52 A. GARAVAGLIA, Il mito delle amazzoni nell’opera barocca italiana, Milano 2015.
53 Helena rapita da Paride, dramma in tre atti e un prologo, libretto di Aurelio Aureli, Venezia, Teatro Novissimo di Sant’Angelo, autunno 1677, replicata a Ve- rona, teatro della Madonna del Popolo, con il titolo L’Enone schermita nel 1680, e al teatro Zane a San Moisè della stessa città il 18 gennaio 1687, con aggiunte e modifiche di F. Navarra, forse col titolo Il ratto di Elena (Modena, Biblioteca
10. Raphael Sadeler da Hans van Aachen, Il Giudizio di Paride, 1589.
Orazio Persiani55. Anche Francesco De Lemene scrive per Cri- stina di Svezia Il giudizio di Paride, una favola per musica an- data perduta56.
Dalla mitologia alle scienze
Giuseppe Nuvolone rivisita la mitologia classica, in piena sine- stesia con lo sviluppo delle favole per musica, non come Carlo Francesco all’insegna dello spleen, bensì optando per una corposa evidenza erotica. Inoltre Vinaccesi e i suoi sodali ‘dilettanti’ si impegnano a svolgere e a esplorare un’altra linea di lettura dei miti, verso le scienze, e soprattutto verso l’astronomia che della nuova ‘visione del mondo’ è gran parte.
Oltre alle notizie raccolte nei suoi viaggi, Vinaccesi procura- va di fornire la biblioteca delle principali opere che in quel giro d’anni vedevano la sostituzione dell’astrologia con le moderne acquisizioni dell’astronomia basata su evidenze scientifiche. Aveva tra i suoi libri di certo l’edizione del Mondo simbolico del milanese Filippo Picinelli, edito nel 1669, con l’immagine nel frontespizio di Atlante, il mitico re annoverato tra i primi astro- nomi57 (fig. 11). E numerosi altri volumi, dedicati allo studio
Estense Universitaria, Mus. F 394), di cui l’aria per soprano Farò le mie vendette è conservata nella Biblioteca Apostolica Vaticana (Barb. lat. 4147, ff. 1-2).
54 Il pomo d’oro è un’opera, composta di un prologo e cinque atti, del compo- sitore italiano Antonio Cesti su libretto di Francesco Sbarra. Venne eseguita per la prima volta a Vienna nel 1668, davanti alla corte imperiale in un teatro all’aperto appositamente costruito.
55 Orazio Persiani, La contesa delle tre dee, Venezia - Bologna, 1667, per cui si veda P. A. RISMONDO, Persiani, Orazio, in Dizionario Biografico degli Italiani, 82, Roma 2016, pp. xxxx.
56 A. GRIMALDI, Lemene, Francesco de, in Dizionario Biografico degli Italiani, 64, Roma 2005, pp. xxxx.
57 Filippo Picinelli, autore dell’Ateneo dei letterati milanesi, Milano 1670, nel
suo Mondo simbolico credeva che il mondo delle creazioni di Dio potesse essere
letto come un grande libro simbolico; Mondo simbolico formato d’imprese scelte,
spiegate, e illustrate con sentenze, ed eruditioni, sacre, e profane, Milano 1669. Il 87
Giuseppe Nuvolone: mitologie, ‘favole per musica’ e ‘vaghe’ stelle
 












































































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