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perche'  la  strada.  era  stata.  cancellata  dalle  bombe  ed  una.
          voce  ampliata    da.  un  altoparlante  gracchio  in  tedesco:
          “Actum...  actum…”.  “Che  cosa  vuole  questo  figlio  di....?”.
          Quindi in perfetto italiano:

          “Attenzione...  tutti  i  soldati  Italiani  debbono  presentarsi  im-
          mediatamente alla caserma del porto. I vostri generali si sono
          arresi. Siete prigionieri di guerra. Ogni resistenza sara’ stron-
          cata inesorabilmente”.

          Prima  che  scendesse  la  notte  prendemmo  il  sentiero  che  ci
          portava  verso  la  caserma,  camminavamo  come  ubriachi  che

          sanno che non c’e’ altra via di uscita, se non cascare dentro un
          fosso, pieno di vipere!

          Nel posto di adunata trovammo la babilonia della disperazi-
          one. Vedemmo le nostre sofferenze, le nostre piaghe, i nostri
          stracci,  la  nostra  umiliazione  e  vergogna.  sulla  faccia  di
          centinaia di prigionieri. Non esiste nel mondo uno spettacolo
          piu' triste di un  esercito  in disfatta.  Ne sento ancora la ver-
          gogna.

          Era quasi scuro. Ci gettammo a terra. Avevamo attorno feriti,

          alcuni gravi che domandavano aiuto, che nessuno poteva aiu-
          tare, assetati che nessuno poteva dissetare, affamati in cerca di
          un boccone di pane. Eravamo stanchi, terribilmente stanchi e
          nella tarda notte fui preso da un sonno pesantissimo, del tipo
          che si ha quando per una febbre alta. Mi svegliai al sorgere
          del sole, e come una martellata nella testa mi riscosse il pen-
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