Page 502 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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492      LEZIONE TRENTESIMA.
      subito amico del novo comandante; e per l’eccessiva improv-
      vida fiducia riposta in  lui, aveva lascialo che s’impadronisse
      del Pireo.
        Ora dunque, per sfuggire all’ ira del popolo, parli da Atene
      con alcuni suoi amici, e andò da Alessandro, figliolo di Poli-
      siHjrconte, che era accampalo con un’armata nell’Attica. Ales-
      sandro gli mandò subito a suo padre. Poco dopo di loro ci arri-
      varono Agnonide e altri ateniesi per accusarli dinanzi  al re  ; e
      Polisperconte (che la parte di quel povero re  si limitava a star
      seduto sul trono) decise che  gli accusati  fossero rimandati ad
      Atene sotto la scorta di Olilo, e sottoposti al giudizio dell’ assem-
      blea. « Gli Arconti la riunirono senza escluderne nè schiavi, nè
      » stranieri nè persone disonorate. Si lesse dapprima la lettera del
           ,
      » re che dichiarava come gli accusati fossero convinti di tradi-
      » mento ma pure ne rimetteva  il giudizio agli Ateniesi siccome a
          ;
      » popolo libero e autonomo. Olito allora gl’ introdusse nell’assem-
      » bica. Alla vista di Focione,  i cittadini dabbene si coprirono il
      » viso, e piegandolo a terra si messere a piangere  : uno solo ebbe
      »  il coraggio d’alzarsi e di dire che giacché  il re aveva rimesso'
      » al popolo un giudizio di tanta importanza  , era bene fare uscire
      » dall’assemblea gli schiavi e gli stranieri. .Ala la plebaglia non lo
      » permesse, e gridò forte che bisognava lapidare quei partigiani
      » dell’oligarchia, quei nemici del popolo. Nessun altro osò pren-
      » dere le difese di Focione  ; e lui stesso non ottenne che a gran
      » fatica di farsi ascoltare: — Ateniesi, disse, volete ucciderci
      » giustamente o ingiustamente? — Giustamente; risposero al-
      1) cuni.— E come potrete farlo, soggiunse, so non volete nem-
      K meno  ascoltarci ? — Ma non vedendoli  per  questo  meglio
      » disposti a prestargli ascolto, si fece più innanzi, e disse — Io
                               ;
      » confesso d’ aver commesso dell’ ingiustizie durante la mia ant-
      » minislrazione  degli  affari pubblici  quindi mi condanno da
                      ;
      » me stesso alla morte. Ma perchè, o Ateniesi, vorrete far mo-
      »  rir  questi che non hanno  fatto nulla  di  male? — Perché
      )) sono tuoi amici — rispose la plebaglia. F'ocione allora si ritirò
              ;
      » e non disse più nulla. Agnonide lesse il decreto che aveva già
       » steso, e secondo il quale il popolo doveva passare  ai voti por
      » decidere se fossero rei; e se Io fossero, si conducessero alia
      » morte. Letto  il decreto, alcuni volevano anche che Focione,
      » prima d’essere ucciso, fosse sottoposto alla tortura  ; e ordinavano
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