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Recessione economica e divari territoriali 109
di uscirne. A differenza delle intense fasi negative del passato [...] infatti, mancano le possibilità di rilancio offerte tanto da politiche economiche antirecessive (impedite dalle intese europee), quanto dal mutamento delle parità di cambio (im- pedite dalla moneta unica)».
Inoltre, potremmo aggiungere che tale difficoltà del ma- nagement della crisi è dovuta anche al fatto che sono venuti meno due degli strumenti istituzionali che nel passato aveva- no consentito alle democrazie di reagire con efficacia al veri- ficarsi di situazioni recessive pur di rilevante intensità. Ci si riferisce all’indebolimento delle strutture di intermediazione legittimate (partiti di masse e sindacati) e dell’armamentario di policy di impronta keynesiana (politiche di protezione so- ciale e welfare state). Peraltro, partiti di integrazione (anche nella variante non democratica) e intervento statale sono stati elementi centrali nelle svolte autoritarie degli ani ’20 e ’30 in Europa.
In un simile scenario, i timidi segnali di ripresa degli ultimi due o tre anni sono ancora troppo flebili per poter dire che stiamo assistendo a una svolta del ciclo. Ciò che va richiamato, però, è che nel nostro Paese gli effetti della crisi sono resi ancor più aggravati da difficoltà strutturali pree- sistenti, innanzi tutto, del sistema economico. L’Italia è un Paese «in evidenti difficoltà economiche da molti anni; con tassi di crescita del reddito sensibilmente inferiori a quelli degli altri Paesi europei» (Viesti, 2014, p. 11). In particolare, «l’Italia più di altri Paesi ha subìto il combinato disposto di una capacità solo parziale di sfruttare le grandi innovazioni sistemiche dell’informatica e delle telecomunicazioni; di un impatto più forte delle economie asiatiche; del permanere del cambio forte dell’euro» (ibid.). La stessa entità del debito pubblico era resa più critica dalla bassa capacità produttiva. In un recente volume Di Vico e Viesti (2014) hanno mostra- to tutti i limiti e le debolezze storiche per il nostro Paese di quello che hanno chiamato il «quadrato magico dello svi- luppo», costituito dalla scarsa dotazione di capitale proprio e dello stock di conoscenze specializzate (i cosiddetti fattori