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2009). Le indagini mostrano anche situazioni in controten- denza (in settori o relative a singole imprese di eccellenza). Di particolare interesse poi sono l’esistenza e la logica di ripro- duzione di aree territoriali virtuose. Già negli anni ’50 Manlio Rossi Doria definiva le zone interne del Mezzogiorno l’osso e le pianure costiere la polpa. Tuttavia, nelle diverse stagioni che hanno attraversato il dibattito sul meridionalismo, solo in tempi recenti (dagli anni ’80) si è fatta strada una visio- ne più articolate e complessa della realtà socio-economica, individuando territori e contesti dinamici, accanto ad altri invischiati nella trappola del sottosviluppo e delle asimme- trie della cittadinanza (Catanzaro, 1983; Trigilia, 1992; più in generale si veda Salvati e Sciolla, 2015). Fenomeno quello della varianza o differenziazione intra-regionale talvolta sot- tovalutato da chi ragiona in termini di dualismo o di con- vergenza/divergenza tra macro aree del Paese (Sud, Centro, Nord). Anche se è pur vero che il persistere del dualismo, anzi dei dualismi (economici, sociali, istituzionali), costitui- sce il contesto dei vincoli nel quale si collocano i processi di differenziazione virtuosa.
2. Quali divari? Dallo sviluppo economico alle “chances di vita”
Se questo è il quadro iniziale quali sono le domande di ricer- ca pertinenti? La prima attiene a come definire e misurare lo sviluppo o la crescita, e in senso più generale il benessere delle specifiche collettività e/o territori. In maniera ancora più diretta si potrebbe dire: di quali divari occorre tener conto, oltreché di quelli strettamente economici? La seconda do- manda è quale mappa o geografia regionale dei divari viene fuori da una impostazione multidimensionale?
Per quanto riguarda la prima questione, la risposta data tradizionalmente dalle scienze sociali è stata di guardare non solo alle risorse, ma all’organizzazione economica complessi- va della società. «Se si pensa che lo sviluppo sia un risultato