Page 49 - marini
P. 49
Il divario socio-istituzionale fra nord e sud 11
nel Nord2, e il grano, nel Nord e soprattutto nel Sud (Pesco- solido, 1998). Vale comunque la pena evidenziare come la coltura cerealicola, essendo intensiva nell’utilizzo della terra ma non del lavoro, contrastava con la dotazione di fattori del Sud Italia – e in misura minore dell’Italia tutta – che è invece un territorio ricco di lavoro, ma povero di terra; l’agricoltu- ra meridionale piuttosto avrebbe beneficiato di incentivi a produzioni ad alto valore aggiunto e intensive in lavoro, e orientate all’esportazione, come potevano essere gli agrumi, la frutta e l’olio di oliva.
Dal 1891 al 1911 il tasso annuale di crescita del PIL italiano salì all’1,3%, più del doppio di quello del ventennio preceden- te. Il «triangolo industriale» – Piemonte, Liguria, Lombardia – iniziava a prendere forma, specie dopo la creazione delle banche universali in grado di fornire capitale finanziario e manageriale alle nuove imprese (e.g. Gerschenkron, 1955; Fe- lice, 2015a, pp. 143-148). Alla vigilia della Grande guerra, nelle tre principali regioni del Nord-Ovest si concentrava la mag- gior parte della produzione industriale del Paese3, compren- dendo settori caratteristici sia della prima (tessili, alimentari) sia della seconda (meccanica, elettricità, chimica) rivoluzione industriale. Il processo di divergenza fra le macro-aree e di convergenza al loro interno cominciò a prendere corpo, ma- no a mano che il Nord-Ovest «decollava» e il Mezzogiorno rimaneva indietro. Ciò nondimeno, la divergenza era ancora contenuta, principalmente perché le regioni meridionali – e in particolare le più arretrate – sperimentavano elevatissimi tassi migratori verso i Paesi d’oltreoceano: milioni di italiani emigrarono in quegli anni, per la gran parte dal Sud Italia e dal Veneto; inviavano alle famiglie rimaste a casa denaro (in forma di rimesse) e, quando tornavano, riportavano con loro capitale tecnico e finanziario (Felice, 2007; Gomellini e
2. Diversi dubbi sono stati sollevati, tuttavia, sull’efficacia di queste misure (Federico e Tena, 1999).
3. Ad esempio, nel 1911 la Lombardia produceva il 50% del valore aggiunto italiano nei tessili (Fenoaltea, 2004).