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Ó Gráda, 2013); inoltre tale processo comportava l’aumento dei salari di quanti rimanevano, parte di una più ampia con- vergenza salariale fra le due sponde dell’Atlantico (O’Rourke and Williamson, 1999). Si potrebbe aggiungere che la princi- pale regione del Sud, la Campania, fu favorita anche, in questo periodo, dall’intervento pubblico, che consentì l’installazione del primo impianto industriale moderno nel Mezzogiorno – la fabbrica siderurgica di Bagnoli, una spiaggia di Napo- li (De Benedetti, 1990a) – benché questi avesse un impatto moderato sul PIL aggregato.
Con la Grande guerra (1915-18) si passa da una fase di mo- derata a una di forte divergenza. Durerà quattro decenni, fino all’avvio del miracolo economico negli anni Cinquanta; nello stesso periodo, comunque, il tasso di crescita dell’economia italiana complessivamente rallentò, attestandosi sull’1,2% an- nuale4. Da un lato, nel Nord, gli sforzi modernizzatori dell’im- prenditoria locale – tipicamente nella meccanica avanzata, nelle automobili, nell’aeronautica, nella chimica – trovarono il sostegno di un più intenso intervento pubblico, sebbene in condizioni di contesto eccezionalmente difficili e limitatamente ai primi quindici-venti anni di questo periodo; dall’altro, nel Mezzogiorno, l’approccio estrattivo delle élite locali ugual- mente si incontrò con le politiche nazionali, quelle formulate (anche) per mantenere gli antichi privilegi in questa parte del Paese. La Grande guerra indirizzò le risorse dello Stato verso le imprese esistenti, principalmente nel Nord-Ovest, allo scopo di incrementare in modo più efficiente la produzione industriale onde vincere il conflitto; dopo che la guerra ebbe termine, quelle stesse fabbriche che si erano enormemente ingrandite dovettero affrontare una crisi di riconversione e quindi furono salvate, dall’intervento dello Stato (Zamagni, 2002); e lo Stato italiano subentrò nuovamente, per necessità, a seguito della crisi del 1929. Va comunque riconosciuto che, pure in tempi
4. Per un’analisi più approfondita sulla performance dell’industria italiana in quei decenni, e sulla crescita deludente in particolare della produttività, si vedano Felice e Carreras (2012), Giordano e Giugliano (2015).