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52 matteo marini
concorrenza perfetta. È grazie all’abbattimento delle barriere all’entrata nei mercati che l’aumento di produttività indotto dalle innovazioni può trasformarsi in aumento dell’offerta e riduzione dei prezzi, come testimoniato dall’andamento dei prezzi delle automobili, dei personal computer e dei cellulari negli ultimi decenni. È grazie alla concorrenza che il profitto privato si trasforma in beneficio sociale. Il mercato lasciato a sé stesso, infatti, senza sorveglianza antitrust, tenderebbe all’oligopolio e al monopolio per effetto delle economie di scala, come testimoniato dalle recenti sanzioni dell’Unione Europea contro i giganti del web Google, Amazon, Booking ecc. ecc..
Tuttavia, nonostante le virtù della concorrenza, non tutta l’opinione pubblica si trova d’accordo nel considerarla come qualcosa di buono. I settori produttivi messi a repentaglio dal progresso tecnico vedono nella concorrenza una minaccia al- la loro sopravvivenza, come recentemente testimoniato dalle proteste dei tassisti contro il servizio on line Huber. Inoltre anche alcuni osservatori disinteressati alle vicende in questio- ne, ma timorosi che la concorrenza potrebbe colpire anche loro in un prossimo futuro, ne deducono che la concorrenza costituisca una minaccia alla coesione sociale. Se le persone che condividono tale giudizio costituiscono la maggioranza dell’opinione pubblica di un Paese, difficilmente una legge imposta dall’alto potrà indurre processi di liberalizzazione dell’economia, come dimostra il fallimento dei tentativi ef- fettuati dai governi italiani negli ultimi decenni.
Nei sondaggi d’opinione della World Values Survey la domanda relativa alla propensione alla concorrenza è la se- guente: «La prego di usare la seguente scala da 1 a 10 per esprimere la sua preferenza dove: 1 = La concorrenza è buona. Stimola le persone a lavorare sodo e a sviluppare nuove idee e 10 = La concorrenza è dannosa. Tira fuori il peggio dalle persone (cod. E039).»
Il test statistico effettuato a livello internazionale (Marini, 2013) ha dimostrato che le risposte alla domanda precedente che hanno indicato “2, 3 o 4” sono correlate positivamente






























































































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