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  Con Gauƒapåda inizia ciò che viene definito il månavasaæpradåya, la trasmissione tradizionale dell’insegnamento tramite esseri umani.
È a partire da Gauƒapåda che la Tradizione advaita diventa storicamente evidente quale manifestazione visibile di una Tradizione già esistente. Egli è stato il primo Maestro umano a ricevere la conoscenza dell’Advaita e a impartirla ai suoi discepoli, e per questo gli viene attribuito il massimo rispetto in seno alla Tradizione advaita.
Il Vedånta advaita inizia, da un punto di vista filosofico e istituzionale, con Âa§kara, vissuto nel 788-820 d.C. Tramite i suoi scritti, soprattutto il Commentario (bhå@ya) alla Prasthånatraya (Upani@ ad, Bhagavadg¤tå, Brahmas¥tra), e la sua azione – l’istituzione di dieci ordini monastici (da©anåmin) per prevenire degenerazioni nella pratica spirituale e la fondazione di monasteri (ma†ha) ai quattro punti cardinali dell’India attraverso i quali assicurare la continuità della Tradizione – Egli ha compiuto un’opera di “rettificazione” rivivificando la Tradizione dei Veda­Upani@ad.
Âa§kara riconosce che l’eredità spirituale e filosofica del Vedånta advaita, già presente nelle Upani@ ad, proviene dall’insegnamento trasmesso attraverso una “catena” di guru (guruparamparå).
Questi sono ricordati in un Inno, il Paramparåstotra, che contiene l’elenco dei primi Maestri dell’Advaita e che viene recitato dai seguaci ©a§kariani prima di iniziare lo studio dei grandi Commentari.
«A Nårayå...a, a Padmabhuva [Brahmå], a Våsi@†ha, a Âakti e a suo figlio Para©ara, a Vyåsa, a Âuka, al grande Gauƒapåda, a Govinda Yog¤ndra e quindi al suo discepolo Âr¤ Âa§karåcårya, ai suoi disce- poli Padmapåda, Haståmalaka, To†aka e Vårtikakåra [Sure©vara], ai nostri Maestri rendiamo omaggio in eterno».
La linea di discendenza da Nåråya...a a Âuka viene definita vaæ©aparamparå o successione da padre in figlio e quella da Âuka in poi ©i@yaparamparå, da maestro a discepolo.
La grandezza di Gauƒapåda è testimoniata da Âa§kara che alla fine del suo commento alla Må... ƒ¥kyakårikå rivolge un saluto all’Autore della Kårikå chiamandolo paramaguru, espressione che va intesa quale riconoscimento della discendenza spirituale e dell’autorità di “supremo Maestro” in quanto profondo conoscitore dei Veda:
«Saluto, prostrandomi, il Maestro del mio Maestro (paramaguru), il più venerabile tra i venerabili, il quale, vedendo le creature affogate nell’oceano di questo mondo – oceano infestato da paurosi squali quali la nascita e la morte – ha dato, per compassione verso gli esseri, questo nettare, difficile da bere persino dagli Dei e che giace nelle profondità dell’oceano che sono i Veda, Veda che egli svela con la potenza del suo intelletto illuminato».
In riferimento a questi due grandi Maestri riportiamo una bella immagine di Raphael: «Le radici del Vedånta advaita sono vediche, il tronco è stato nutrito da Gauƒapåda e l’albero ramificato con gli abbondanti frutti è stato sviluppato da Âa§kara».
Gauƒapåda e l’Ajåtivåda
Secondo la Tradizione ci sono stati dei ®@i che hanno visto (vid:vedere, conoscere, in senso vedico) la differenziazione vitale e l’hanno promulgata, altri che hanno visto l’unità del tutto e altri ancora che hanno visto la non-dualità.
Gauƒapåda, innalzatosi alle più alte vette della realizzazione, ha visto che la Realtà ultima non può né nascere né morire e, con l’aiuto del Principio-Nåråya...a, ha potuto svelare per la prima volta agli uomini, in modo chiaro e conciso, l’Ajåtivåda, la dottrina della “non-generazione”, e l’Aspar©ayoga, lo yoga del “senza sostegno o relazione”. Tali insegnamenti erano già delineati nella Âruti ma non ve- nivano riconosciuti dai vari yogi e ricercatori perché nessuno di costoro si innalzava con la coscienza al vertice della realizzazione advaita.
Per l’esposizione dell’Ajåtivåda e dell’Aspar©ayoga, Gauƒapåda ha scelto di commentare la Må... ƒ¥kya Upani@ad che sintetizza l’insegnamento advaita. Nelle sue kårikå egli sostiene che esiste una Realtà immutabile, eterna, in atto, priva di generazione e di estinzione, di causa-effetto e spazio-tempo, non contraddittoria, che è Una senza un secondo, e poiché la Realtà è costante e perfetta unità, tutto ciò che è differenziazione, molteplicità, impermanenza e cambiamento non può essere Realtà ultima e suprema, ma semplicemente apparenza, rappresentazione, che può risultare reale solo se vista dalla prospettiva dell’“opinione”.
Gauƒapåda, ponendosi dalla prospettiva dell’Assoluto o dell’Uno-senza-secondo, perviene a tale con- clusione: «Questa è la suprema verità: non vi è né nascita né vi è dissoluzione [di alcunché], né aspirante alla liberazione, né liberato, né alcuno che sia in schiavitù» (Må...ƒ¥kyakårikå II, 32).
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