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L’Italia corporativa, 1936-1937
lascia la moglie e decide di andare a vivere con
lei. Proseguendo la sua opera negli anni Trenta e
Quaranta, Sironi definisce con sempre maggiore
sicurezza un’arte che poi si affermerà, a pieno
titolo, in Italia e nel mondo: la pittura murale. E
nello stabilire un rapporto diretto tra architettura,
con il recupero del mosaico e dell’affresco, con “ L’uomo disprezza,
pittura, scultura, creando vasti effetti scenografici,
uno studio interdisciplinare, con l’interrelazione
tra le arti a fini scenografici, egli crea una nuova aggredisce, tortura
arte pubblica. In questo periodo sviluppa un
grande interesse soprattutto per l’affresco, per
l’arte murale, con importanti lavori di decorazione gli animali − male-
(Il lavoro nei campi e il lavoro in città, 1934); con
i mosaici (La Giustizia, 1936; L’Italia, 1936); detto lui che fa il
con vetrate e sculture. Importanti i bassorilievi
per la triennale del 1933. È nel 1936 che realizza
il mosaico per il nuovo Palazzo di Giustizia di deserto intorno a sé
Milano, raffigurante la Giustizia tra la Legge e
la Forza. Le sue opere esprimono la corposità sulla polvere”.
delle forme nel contrasto tra il chiaro e lo scuro. I
paesaggi sono dominati dai cieli plumbei, spesso
determinati da luce sulfurea: opere fortemente (Mario Sironi)
drammatiche e fortemente squadrate, anche
un po’ statiche, nelle prospettive delle case
caratterizzate dall’immobilità. In un articolo del
1936 Sironi scrisse “sotto nembi e uragani la luce
è spesso abbagliante, ed è ben lecito preferirla,
nella sua aspra violenza, alla luminosità da salotto
dei tempi preteriti”. Negli anni trenta Sironi
diventa uno dei principali artefici delle tematiche
fasciste, operando alla realizzazione di opere
monumentali, celebrative del regime fascista.
Ma sempre, comunque, attento a non trascurare
le varie correnti artiste dell’epoca, al contrario di
altri totalitarismi come il nazismo e il comunismo
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