Page 285 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
P. 285
CULTURA AL TEMPO DI PERICLE. 275
cusarono di negare l’ esistenza degli Dei e di scalzare i fonda-
menti della religione colle dottrirte che insegnava intorno
ai
corpi celesti. Era questa un’accusa capitale del di cui esito non
abbiamo notizie esalto; ma pare eh’ e’ sfuggisse la morte che gli
sopraslava, partendo da Atene j)cr consiglio di Pericle. Nella
medesima accusa fu involta Aspasia, -imputata anche al tempo
stesso di corruzione dello donne ateniesi. Quella celebre donna,
dotata di straordinaria bellezza, di molto ingegno e di rara cul-
tura, era di Milelo. Abbandonata la sua patria e venuta ad
Atene, la s’era cattivato a segno l’animo di Pericle, che questo
si separò dalla propria moglie (di reciproco accordo |)crò) per
trattar come tale la bella Milesia. Fin d’ allora esercitò su di lui
tanta influenza, da essere attribuita agl’incitamenti d’ Aspasia
la guerra di Samo. Quell’ unione e quest’influenza, détte spesso
occasione di facezie ai poeti comici che chiamavano lei la Giu-
none del Giove ateniese, l’Onfale o la Deianira d’un Ercole fatto
schiavo amoroso o infedele. Come s’é detto altrove, i più nobili
ingegni che erano allora in Atene ( fra cui 1’ accusato Anassa-
gora) s’adunavano pres.so lei nella casa di Pericle; e tutti, per-
fino lo stesso Socrate, restavano meravigliati della facilità e
della grazia colla quale Aspasia prendeva parte in ogni discus-
sione. A quella conversazione tanto piacevole quanto istruttiva,
ci andavano pure, in compagnia dei loro mariti, molte donne;
cosa contraria agli usi d’ Atene che le volevano condannate a
una solitudine rigorosa. Avvenne quindi che il poeta comico
Ermippo accusò Aspasia di tenere una conversazione che era
scuola d’empietà e di corruzione. Pericle stesso si presentò in-
nanzi alla dicasteria per difendere l’amata donna. Nell’ orazione
che recitò messe in uso tutta l’eloquenza ond’ era capace, st;ese
lino al pianto e alle preghiere, e ottenne la sentenza d’assoluzione.
Non per ciò se ne ristettero i suoi nemici; e mirando espli-
citamente allo scopo che avevano avuto fin dalla prima accusa
contro Fidia, ingiunsero a Pericle di rendere i suoi conti di-
nanzi a una dicasteria di millecinquecento cittadini. Questa volta
l»erò il popolo non permesse che fosse dato corso all’accusa, e
volle rispettata l’ integrità e la saviezza di chi l’ aveva sollevato
a tanta potenza. Cosi dileguatosi il temporale, Pericle mantenno
senz’ altri pericoli l’alta iiosizione che occupava, fino al termine
della sua vita.